Sequestrato capannone industriale, quattro denunce a Lamezia Terme

Nel capannone si assemblavano veicoli senza autorizzazione. Gli scarti industriali venivano sverzati senza essere sottoposti a nessun processo di depurazione

I finanzieri del Gruppo di Lamezia Terme, unitamente ai carabinieri del Comando per la Tutela Ambientale e Transizione Ecologica – Noe di Catanzaro, al Nucleo Operativo di Polizia Ambientale della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia e alla Sezione PG – aliquota Ambiente della Procura della Repubblica di Lamezia Terme, nell’ambito di specifica attività d’indagine in materia di tutela ambientale e salvaguardia della salute pubblica, coordinata dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Salvatore Curcio, e dal sostituto procuratore Marica Brucci, a seguito di capillari accertamenti, hanno denunciato quattro soggetti, responsabili di molteplici violazioni ambientali, e sottoposto a sequestro uno stabilimento industriale presente nell’area industriale Papa Benedetto XVI di Lamezia Terme, operante nel settore della commercializzazione di veicoli industriali.

Le indagini

Le indagini

Le attività di indagine hanno evidenziato che all’interno dello stabilimento industriale, conosciuto in zona e operante sotto l’insegna di un noto marchio di azienda leader nel settore dei veicoli industriali, operavano tre distinte società le quali, oltre la commercializzazione di veicoli industriali, svolgevano anche l’attività di officina meccanica, fabbricazione di rimorchi e semirimorchi, carrozzeria e verniciatura industriale. Solo la minima parte dello stabilimento era destinato all’esposizione e vendita dei veicoli, mentre la restante parte era occupata da una vera e propria filiera industriale appositamente creata per l’assemblaggio, saldatura e verniciatura dei mezzi. Erano presenti, infatti, un impianto robotizzato per saldatura e assemblaggio dei componenti metallici, una cabina di sabbiatura e granigliatura, nonché diverse cabine per la verniciatura dei cassoni precedentemente assemblati. Nonostante le attività svolte, nessuna delle tre società è risultata in possesso delle previste autorizzazioni ambientali rilasciate dagli Enti preposti (Provincia e Regione).

Nessun processo di depurazione

Da una verifica effettuata dal personale tecnico dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, inoltre, è stato accertato che le società scaricavano i reflui industriali prodotti direttamente nella rete consortile dell’area industriale di Lamezia, senza sottoporli ad alcun processo di depurazione. Nel corso delle attività è stato inoltre individuato un piazzale, antistante allo stabilimento e non pavimentato, sul quale erano abbandonati ingenti rifiuti speciali, pericolosi e non, riguardanti parti meccaniche intrise di olii e grassi, pneumatici fuori uso, altri metalli ferrosi ed imballaggi, nonché diversi rimorchi, semirimorchi, autoveicoli e autocarri fuori uso, da avviare a demolizione.

Le attività di servizio avrebbero consentito di accertare le responsabilità di 4 persone, tra amministratori e responsabili tecnici dello stabilimento produttivo, per reati in materia ambientale, e di sottoporre a sequestro preventivo il capannone se le aree di pertinenza, per una superficie complessiva di circa 6.000 mq e per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro.

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