Maurizio Orrico accusato di uccisione di animali e macellazione abusiva. Si è aperto a Cosenza, con Enpa parte civile, il processo contro l’artista che nel 2015 a Cosenza organizzò una performance e fece uccidere pubblicamente, da due persone rimaste ignote, ma da lui incaricate, un maiale nel corso di una manifestazione culturale. Rischia la reclusione da quattro mesi a due anni per il reato di uccisione di animali e l’arresto da sei mesi a un anno o una ammenda fino a 150mila euro per macellazione abusiva. I fatti risalgono al periodo tra dicembre 2015 e gennaio 2019. Orrico, in qualità di coordinatore artistico dei BoCs Art di Cosenza, aveva organizzato una manifestazione nel corso della quale fu organizzata l’esecuzione pubblica del maiale per raccontare la tradizione calabrese. Contro il povero animale fu prima esploso un colpo di pistola e subito dopo il maiale fu sgozzato. Una scena macabra, per giunta ripresa in video.
La denuncia degli animalisti
La denuncia degli animalisti
L’Ente Nazionale Protezione Animali ha denunciato prontamente i fatti alla Procura della Repubblica tramite l’avvocato Claudia Ricci. Dopo la prima iscrizione dell’uomo nel registro degli indagati, è stata successivamente chiesta l’archiviazione. Enpa si è opposta alle motivazioni della richiesta di archiviazione richiedendo indagini approfondite. E il Gip, in sede di udienza di opposizione, ha dato ragione a Enpa. Maurizio Orrico quindi, è imputato nel processo e dovrà rispondere dei reati di uccisione di animali e di macellazione abusiva nell’udienza del prossimo 24 novembre.
L’Enpa: “Pochezza intellettuale”
“Ci sono due profili di gravità in questa vicenda”, dichiara Carla Rocchi, Presidente Nazionale dell’Enpa. “Il primo riguarda ovviamente la morte del maiale, la sua esecuzione barbara, pubblica. Il secondo riguarda la pochezza intellettuale di compiere atti violenti giustificandoli con la necessità di rappresentare presunte tradizioni declinate in chiave culturale e artistica. Non c’è niente di culturale e di artistico in tutto questo: è stato un fatto di sangue. Se questo presunto artista sperava di far parlare di sé, ha raggiunto il suo obiettivo, ma di lui si parla e si parlerà in Tribunale, non sui cataloghi d’arte. Quanto a noi, non facciamo nemmeno il suo nome per non alimentare il suo ego, per non fargli alcuna forma di pubblicità. Perché per noi è un imputato, e per i fatti che ha organizzato e diretto, nonché per le modalità e per le motivazioni, non merita clemenza. Speriamo in una condanna esemplare”.