di Maria Teresa Improta – Sistema Rende alla sbarra. Un meccanismo che avrebbe permesso ai clan di pilotare le elezioni comunali, provinciali e regionali per oltre 10 anni: dal 1999 al 2011. Una gestione della cosa pubblica basata su un insano baratto di voti in cambio di posti di lavoro e “favori” ai quali, secondo le accuse mosse dal pm Pierpaolo Bruni, si sarebbero prostrati anche i vertici dell’amministrazione comunale della città d’Oltrecampagnano. Un presunto patto elettorlae stipulato tra Sandro Principe e la cosca egemonde dell’area urbana di Cosenza: il clan Lanzino. Tra gli imputati appaiono gli ex sindaci del Comune di Rende Sandro Principe e Umberto Bernaudo accusati a vario titolo insieme agli ex assessori Pietro Ruffolo e Giuseppe Gagliardi, dei reati di corruzione in atti amministrativi, concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale.
Il mistero delle intercettazioni sparite a Catanzaro
Il mistero delle intercettazioni sparite a Catanzaro
Condotte cristallizzate nelle intercettazioni captate nel corso delle indagini, che hanno portato nel marzo 2016 a dieci arresti. A finire in manette oltre ai quattro amministratori pubblici, gli indagati giudicati con rito abbreviato: Adolfo D’Ambrosio (4 anni e otto mesi di reclusione), Michele Di Puppo (4 anni e otto mesi), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli ( 2 anni), Marco Paolo Lento (2 anni), Francesco Patitucci (assolto) e Umberto Di Puppo (assolto). La maggior parte delle registrazioni delle conversazioni che vertono sulle campagne elettorali sostenute da esponenti del clan Lanzino a favore dello schieramento politico di centrosinistra di Sandro Principe, che avrebbero dimostrato l’esistenza di quello che il gup di Catanzaro Pietro Carè ha definito “un accordo corruttivo destinato a rinnovarsi ad ogni competizione elettorale” è andata persa. I dispositivi magnetici, custoditi negli uffici di Procura a Catanzaro, su cui erano memorizzate le intercettazioni sono scomparsi nel nulla. Restano solo i brogliacci d’ascolto, le trascrizioni degli ufficiali di polizia giudiziaria, che però oggi dopo una breve Camera di consiglio il collegio giudicante ha deciso di non acquisire, assecondando il parere contrario espresso dalla difesa. Saranno invece usati i verbali delle persone ascoltate e si procederà all’escussione del collaboratore di giustizia Giuseppe Zaffonte nella prossima udienza fissata a fine settembre. Un passaggio nevralgico, quello odierno, per l’esito del dibattimento anche perché secondo quanto affermato dal pm Bruni, alcuni testimoni (tra i quali un dirigente comunale) sarebbero stati indotti attraverso presunte condotte intimidatorie a ritrattare la propria versione dei fatti fornendo narrazioni contrastanti durante gli interrogatori e nel corso del processo.