di Danilo Colacino – “Dritta sicura si mormora che, i cannoni hanno fatto Bang”. Ma invece che uccidere l’Uomo Ragno come nell’arcinota canzone degli 883, a morire – o meglio – a venire gravemente ferito potrebbe essere stato l’accordo sulla candidatura del centrodestra in Calabria che somiglia sempre più a una sorta di designazione all’ambita carica considerato il probabile – per non dire certo – esito della futura tornata elettorale. A rimettere tutto in discussione sarebbe infatti stato il recentissimo sondaggio pubblicato da Il Giornale che darebbe la partita per il governatorato calabrese come strachiusa in virtù di un 42 a 18, in termini percentuali, in favore del vecchio schieramento a trazione berlusconiana su un centrosinistra ridotto ai minimi storici. Anzi, ai minimi termini. E fin qui nessuna sorpresa. Si tratta di dati che sono nell’aria da tempo e senza bisogno di scomodare Doxa et similia. Ma allora a cosa sarebbe addebitabile questo sconquasso? Semplice al 21% possibile, decimale più decimale meno, ascrivibile alla Lega. Un partito che a questo punto dovrebbe stare a ruota di vari micropartitini, sotto il profilo numerico, attestati non oltre la soglia del 10% ovvero con un peso specifico pari a meno della metà del Carroccio.
Cosa prevedeva il patto pregresso e la nuova teoria del terzo incomodo. Prima delle elezioni generali del 4 marzo 2018, ovvero un’era geologica fa in ambito politico, lo schieramento che si pensava poggiasse sulla solida architrave di Forza Italia e del Cav aveva “appaltato” la Calabria ai forzisti. Una concessione che, malgrado qualche mugugno leghista, non pareva poter essere messa in discussione. Unico problema, peraltro tutto interno a Fi, il nome del prescelto ormai ristretto ai sindaci di Cosenza Mario Occhiuto e di Catanzaro Sergio Abramo. Ma adesso no, sembra non sia più così. E a cambiare le carte in tavola la valutazione fatta dalla Lega a livello centrale, che si starebbe ingolosendo sempre più dallo storico risultato di poter vantare un Presidente di Regione molto, ma molto, a Sud della fatidica Linea Gotica. Un vessillo che simboleggerebbe la vittoria forse più significativa, pur nella periferica Calabria, di uno scatenato Salvini.
Cosa prevedeva il patto pregresso e la nuova teoria del terzo incomodo. Prima delle elezioni generali del 4 marzo 2018, ovvero un’era geologica fa in ambito politico, lo schieramento che si pensava poggiasse sulla solida architrave di Forza Italia e del Cav aveva “appaltato” la Calabria ai forzisti. Una concessione che, malgrado qualche mugugno leghista, non pareva poter essere messa in discussione. Unico problema, peraltro tutto interno a Fi, il nome del prescelto ormai ristretto ai sindaci di Cosenza Mario Occhiuto e di Catanzaro Sergio Abramo. Ma adesso no, sembra non sia più così. E a cambiare le carte in tavola la valutazione fatta dalla Lega a livello centrale, che si starebbe ingolosendo sempre più dallo storico risultato di poter vantare un Presidente di Regione molto, ma molto, a Sud della fatidica Linea Gotica. Un vessillo che simboleggerebbe la vittoria forse più significativa, pur nella periferica Calabria, di uno scatenato Salvini.
Il Grande Slam del vicepremier. Il titolare del Viminale, che anche nel cuore del Mezzogiorno sta facendo inattesi passi da gigante relativamente al radicamento nel territorio ha riflettuto a lungo e seriamente sulla possibilità di piazzare l’unica bandierina che può sotto Roma con Campania e Puglia ancora troppo legate al Movimento Cinque Stelle e una Sicilia e una Basilicata molto difficili, se non impossibili, da conquistare con un proprio rappresentante. Un risultato che, al di là delle ricadute effettive, costituirebbe una vittoria di straordinario impatto.
La teoria del terzo incomodo. Nell’ottica di uno stravolgimento degli attuali rapporti di forza qualche riunioncina non ufficiale e un po’ di incontri informali li hanno fatti. Eccome. E il ragionamento è semplice: “se non ci tengono in considerazione, potremmo decidere di mantenere inalterata l’alleanza di Governo gialloverde con l’M5S e vincere in carrozza anche in Calabria. Più che una suggestione, considerato che leghisti e grillini calabresi il nome lo avrebbero già, graditissimo a entrambi le parti, e sarebbe quello del procuratore Nicola Gratteri. Una sorta di Mossa Kansas City come nel film Slevin – Patto criminale.
redazione Calabria 7