In poche settimane ha perso 27 chili, è stato ricoverato in quattro diversi ospedali e, ancora oggi, clinicamente non si è ancora ripreso totalmente. E’ questa l’odissea di Aurelio Francioso, imprenditore lombardo 55enne, sopravvissuto al Covid-19 dopo una estenuante battaglia, di cui porta ancora i segni. Dalle cicatrici sul petto, per il drenaggio dei polmoni, alla sua capacità respiratoria non ancora al 100%.
La lunga odissea
La lunga odissea
Tutto è cominciato, secondo quanto riporta “BresciaToday”, il 28 febbraio scorso. “Mi sono sentito male all’improvviso alla sera, la mattina seguente avevo la febbre a 40. Il 5 marzo Francioso viene ricoverato in pronto soccorso a Desenzano. L’8 marzo è il suo compleanno: quel giorno verrà intubato e si risveglierà solo il 20 aprile, nel reparto di Rianimazione a Gavardo, in terapia intensiva. Il 55enne, ovviamente, non ricorda nulla. I medici l’hanno addormentato per aiutarlo nella respirazione artificiale, attaccato per più di un mese ad un ventilatore polmonare (con iniezioni di curaro, un veleno per bloccare i muscoli). Ma al suo risveglio la strada è stata ancora lunga. “
L’emorragia interna
Trasferito a Desenzano, in Pneumologia, il 3 maggio viene portato d’urgenza nel reparto di Chirurgia a Manerbio, a causa di un’emorragia interna. Un paio di settimane e sarà di nuovo a Desenzano, ma viene colpito da un’infezione alle vie urinarie. Solo a primavera inoltrata verrà infine trasferito in un Centro a Salò, per una lunga riabilitazione. E’ stato dimesso l’8 giugno scorso. Tornato a casa nell’abbraccio della figlia Laura e dei fratelli, Aurelio solo da poche settimane ha ripreso a salire “in sella” alle sue barche, con cui da tempo porta in giro (sul lago di Garda) residenti e turisti”.
“Con questo virus non si scherza”
Aurelio si appella a tutti gli italiani: “Mi sento fortunato perché sono sopravvissuto ma dobbiamo stare attenti. Indossate la mascherina e rispettate le regole: con questo virus non si scherza. Fatelo per voi, ma fatelo soprattutto per gli altri. Contro ogni individualismo, contro l’egoismo l’unica cura è la solidarietà. Alla faccia di quelli che gridano di volersi liberare dalle mascherine – conclude Aurelio – e che, ancora oggi, negano l’emergenza: del concetto di libertà non hanno capito ancora niente. L’unica cosa di cui si liberano è il dovere di responsabilità verso gli altri: troppo comoda così…”