Sospesa cerimonia anno giudiziario Reggio, magistrato accusa malore

magistrato accusa malore Reggio

Aggiornamento 11:00

Il presidente della Corte d’appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, aveva fatto ritorno alla cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, dopo che si era sottoposto ai controlli in ospedale in seguito al malore accusato questa mattina durante la lettura del suo discorso. “Chiedo scusa per questo incidente – ha detto Gerardis tra gli applaudi – ma vi assicuro che non l’ho voluto io”. Ma il problema si è ripresentato e dopo aver accusato un nuovo malore e, questa volta, dopo i soccorsi è stato subito trasportato in ospedale per controlli ed approfondimenti senza perdere ulteriore tempo.

Il presidente della Corte d’appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, aveva fatto ritorno alla cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, dopo che si era sottoposto ai controlli in ospedale in seguito al malore accusato questa mattina durante la lettura del suo discorso. “Chiedo scusa per questo incidente – ha detto Gerardis tra gli applaudi – ma vi assicuro che non l’ho voluto io”. Ma il problema si è ripresentato e dopo aver accusato un nuovo malore e, questa volta, dopo i soccorsi è stato subito trasportato in ospedale per controlli ed approfondimenti senza perdere ulteriore tempo.

Luciano Gerardis, presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, ha accusato un malore mentre leggeva il suo intervento: dopo i primi soccorsi è stato accompagnato in ospedale

Il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, ha accusato un malore durante la cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Mentre stava leggendo il suo intervento, Gerardis si è sentito male ed è svenuto. Ha ricevuto le cure dei sanitari sul posto e, dopo i primi soccorsi, si è ripreso ma è stato comunque accompagnato in ospedale per accertamenti. La cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario è ricominciata ed il discorso del presidente è stato completato dal magistrato Roberto Lucisano, presidente di sezione della Corte d’appello.

Prima di accusare il malore il presidente Luciano Gerardis, nel corso del suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario prima affermava che: “Permane il rammarico di non poter ancora utilizzare la nostra sede a seguito delle difficoltà insorte tra Amministrazione comunale e impresa aggiudicataria dei lavori per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia. Tutti i lavori – ha aggiunto – riguardanti i nostri edifici, poi, continuano a non avere la pronta risposta che pure meriterebbe la diuturna attività della conferenza permanente, l’organo distrettuale costituito con poteri consultivi presso la Corte di Appello per la gestione degli immobili adibiti a sedi giudiziarie.

Il perdurare della mancata assegnazione al suddetto organismo di profili tecnici di supporto, pur previsti dalla recente normativa, e procedure spesso farraginose determinano defatiganti lungaggini per il necessario ricorso a soggetti esterni all’amministrazione giudiziaria, i cui tempi operativi esasperano spesso problemi che richiederebbero invece pronta soluzione per la sicurezza degli operatori e degli utenti ancor prima che per il decoro dei locali”.

Il presidente Gerardis ha ricordato quanto accade al Cedir, sede del Tribunale e della Procura della Repubblica “dove per il ritardo nell’adattamento di altro palazzo confiscato alla ‘ndrangheta e destinato ad archivi, solo da pochissimi tempo si è faticosamente avviato a soluzione il trasferimento di faldoni che da anni ingombrano i corridoi con il rischio di ostacolare in casi di emergenza la rapida evacuazione degli ambienti; e dove continuano a non funzionare adeguatamente il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria”.

“Non senza sforzi – ha proseguito Gerardis – si cerca di portare avanti il restauro ed il rinnovamento del palazzo di piazza Castello, sede della Corte d’Appello; le indispensabili riparazioni degli edifici utilizzati dal Tribunale di Sorveglianza e da quello per i minorenni; la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia di Locri. Opere tutte che, quando finalmente ultimate, potrebbero offrire anche visivamente l’idea di una giustizia di servizio, curata ed accogliente, superando l’immagine di palazzi scarsamente funzionali e per nulla ospitali”.

“Diffusa preoccupazione tra i magistrati”

“I nostri problemi – continua Gerardis – sono così pressanti che è palpabile una diffusa preoccupazione tra i magistrati. Non per caso ieri si è anteposta alla preinaugurazione un’iniziativa congiunta tra organi giudiziari ed Anm, che hanno voluto lanciare un grido d’allarme sull’insostenibilità dell’attuale situazione. Qui – ha proseguito il presidente della Corte d’Appello – i nostri intendimenti, le nostre stesse attività inciampano spesso in una cruda realtà fatta di assenze o intempestività delle risposte altrui, ascrivibili anche a burocratismi ed a resistenze varie. Di anno in anno pertanto non cambiano i problemi da risolvere, che rischiano anzi di aggravarsi quando manchi o ritardi il concorso di tutti gli altri interessati”.

“Società deturpata da ‘ndrangheta”

“Il biglietto da visita – continua Gerardis – che presentiamo all’esterno è quello non della città ‘bella e gentile’ che vorremmo, ma di una società profondamente deturpata dalla presenza ‘ndranghetista. Le bellezze naturali “non compensano in alcun modo un ambiente opaco che, malgrado tutti gli sforzi, non riesce a liberarsi dal cancro mafioso ma neppure a porre netti e ben distinguibili confini tra l’integro e il marcio, eliminando quelle zone ibride dove si mescola il puro con l’impuro. Il magistrato estraneo a questa anomala dimensione avverte tutta la preoccupazione di salvaguardare la propria immagine, evitando rischi di indebite compromissioni. E finisce per imporsi un isolamento dal contesto sociale che certo non gli agevola la vita quotidiana”.

Secondo Gerardis è innegabile che questa sia “l’immagine sfregiata che Reggio Calabria offre di sé, malgrado tutto quanto di positivo si riesca a creare”, così come è incontestabile che “ancora non si siano eliminate commistioni tra ambienti malavitosi ed appartenenti ad istituzioni, ordini professionali, mondo economico e potere politico, e ciò dà l’idea di una poltiglia vischiosa che tutto contamina”.

“La giusta esigenza – spiega il presidente Gerardis – di essere ed apparire imparziali importa che ci si debba tenere lontani da centri di potere inquinanti, non frequentare soggetti di dubbia fama, non partecipare ad aggregazioni la cui appartenenza può dare anche l’impressione d’inammissibile perdita di trasparenza, indipendenza e terzietà. Non può invece significare che si debbano recidere i rapporti con la società, con cui va mantenuto un costante dialogo. Dialogo, però, non monologo. Ciò significa che dobbiamo avere l’umiltà di ascoltare esigenze e percezioni della gente comune. E non dobbiamo avere paura di confrontarci quotidianamente con gli altri, limitando i rapporti a ristrette cerchie di addetti ai lavori. Abbiamo necessità di questi contatti – osserva Gerardis – per capire meglio la realtà in cui siamo immersi e che dobbiamo giudicare, e per non tornare a chiuderci in quei fortini che ci hanno posto in un pericoloso isolamento”.

“Task force fondamentali contro strategie clan”

“I latitanti in carico alla Procura Generale sono 122 e per i più pericolosi e per fatti di criminalità organizzata è stata costituita in ufficio una task force di sostituti procuratori generali coordinata dall’avvocato generale che cura le deleghe alla polizia giudiziaria e i relativi aggiornamenti“. Lo ha affermato il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, Bernardo Petralia, nel corso del suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. “Tra questi ultimi – ha aggiunto Petralia – figura il noto Rocco Morabito da Africo (inteso “u tamunga”), in vetta alla classifica dei latitanti più pericolosi d’Italia, cui fa carico una condanna a 30 anni di carcere, arrestato in Uruguay nel 2017 ed evaso dalle carceri del luogo il 24 giugno 2019 non a caso al culmine della procedura di estradizione condotta da questo ufficio, assai verosimilmente grazie all’interessamento di esponenti di alcune tra le più agguerrite e opulente cosche della locride”.

Redazione Calabria 7

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