di Gabriella Passariello- Ha retto il castello accusatorio della Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri nell’ambito del processo nato dalla duplice inchiesta Malapianta e Infectio, che vede sul banco degli imputati capi e gregari delle cosche di ‘ndrangheta Mannolo, Zoffreo e Trapasso di San Leonardo di Cutro, con la loro proiezione in territorio umbro, dove, attraverso stabili collegamenti con la casa madre, avevano impiantato un lucroso traffico di stupefacenti, anche con la complicità di trafficanti albanesi. I giudici del Tribunale collegiale di Crotone, presieduto da Massimo Forciniti, a latere, Alfonso Scibona ed Elisa Marchetto hanno sentenziato 19 condanne, a pene comprese tra 3 anni e i 30 anni di reclusione e nove assoluzioni per i 28 imputati, che erano stati rinviati a giudizio il 21 luglio 2020 dal gup distrettuale Gabriella Logozzo (LEGGI QUI). I magistrati Pasquale Mandolfino e Andrea Giuseppe Buzzelli, al termine della requisitoria avevano invocato 28 condanne e due assoluzioni.
Le condanne dei giudici e le richieste di pena della Dda
Le condanne dei giudici e le richieste di pena della Dda
In particolare i giudici hanno inflitto a Alberto Benincasa, 4 anni e sei mesi di reclusione (il pm in aula ha invocato 3 anni e 6 mesi); Giuseppe Benincasa, 17 anni e 2 mesi (il pm 20 anni di reclusione); Antonella Bevilacqua, 11 anni, 50mila euro di multa (il pm 11 anni di reclusione); Mario Cicerone, 7 anni, sei mesi, 7mila euro di multa (il pm 16 anni); Valentina Danieli, 2 anni, sei mesi e 2.500 euro di multa (il pm 8 anni); Antonio De Franco, 13 anni (il pm 16 anni); Ciro Di Macco, 3 anni e sei mesi (il pm 6 anni); Francesco Falcone, 16 anni (il pm 18 anni di reclusione); Roberto Fusari, 3 anni e nove mesi (il pm 3 anni e sei mesi); Piero Giacchetta, 3 anni (il pm 3 anni); Luigi Giappicchini, 5 anni e 20mila euro di multa (il pm 13 anni); Luca Mancuso Trabucco, 4 anni (il pm 3 anni e sei mesi); Alfonso Mannolo, 30 anni (il pm 30 anni di reclusione); Remo Mannolo, 19 anni (il pm 30 anni); Paolo Menicucci, 5 anni (il pm 7 anni e 8 mesi); Annunziato Profiti, 4 anni e 4mila euro di multa (il pm 6 anni e sei mesi); Pasquale Nicola Profiti, 8 anni (il pm 12 anni); Pietro Russo, 3 anni e 7mila euro di multa (il pm 4 anni); Renzo Tiburzi, 3 anni (il pm 3 anni).Per altri 63 imputati, giudicati con rito abbreviato, il processo di primo grado si è concluso il 24 maggio dell’anno scorso, giorno in cui il gup ha sentenziato 43 condanne, 17 assoluzioni e tre non luogo a procedere (LEGGI QUI).
Le assoluzioni e le richieste di pena
Il Tribunale collegiale ha assolto Alessio Bassetti, (il pm aveva chiesto 3 anni di reclusione); Salvatore Diano (come richiesto dalla Dda); Domenico Bevilacqua, (il pm aveva invocato 5 anni di reclusione); Lamberto Lombardi, (il pubblico ministero aveva chiesto 3 anni e sei mesi); Nicola Manetta, (come richiesto dal pubblico ministero); Armando Manetta, (il pm 3 anni); Giovanni Rizzuti (il pm 6 anni, sei mesi e 28mila euro di multa); Jerzy Aleksander Sabieraj, (il pm 3 anni e sei mesi) e Giuseppe Vittimberga Ferraro, (il pm 5 anni di reclusione).
” Per scelta vivo sotto scorta”
il Testimone di giustizia Giovanni Notarianni, parte civile nel processo, che con la sua denuncia ha fatta scattare le indagini della Dda, dopo la lettura del dispositivo ha affermato: “Sono costretto a vivere sotto scorta per una scelta fatta tre anni fa. Continuo a denunciare e a collaborare con i magistrati della DDA e con le forze dell’ordine. Resto impegnato nella mia attività imprenditoriale così faticosamente strappata ai tentacoli della ‘ndrrangheta. Con questa sentenza si raggiunge un traguardo essenziale nel contrasto al fenomeno criminale, poiché, dopo 50 anni di indiscussa egemonia, si cristallizza l’esistenza della locale di ‘ndrangheta Mannolo. Una consorteria forte, spietata e capitalizzata. Le indagini Malapianta, Thomas Infectio e non da ultimo Ionica, condotte mirabilmente dalla Dda di Catanzaro, hanno dimostrato il potenziale imprenditoriale ed economico delle ‘ndrine cutresi. La Dda e le Forze dell’ordine hanno liberato 40 chilometri di costa dove noi imprenditori del Turismo per anni siamo stati vessati da feroci richieste estorsive e gravi danneggiamenti. Quaranta chilometri di costa che oggi sono liberi e da sviluppare in modo sano. Attività criminali che hanno penalizzato e inquinato lo sviluppo economico dell’intera fascia Ionica tra Catanzaro e Crotone.
“Oggi la ‘ndrangheta ha perso”
Ma oggi la ‘ndrangheta perde. Adesso che ho la possibilità di vivere un presente che, a lungo, in momenti assai bui non avrei mai pensato di poter vivere, ho iniziato a pensare anche al futuro. Il mio e quello della mia famiglia. In questo futuro prossimo vorrei anche mettere la mia dolorosa esperienza a servizio degli altri, come monito come esempio e come arma per chi ancora oggi non ha denunciato. È una spinta a fare un passo ulteriore nella lotta alla ndrangheta, usando questa mia storia di Vittoria come stimolo a comprendere che c’è ancora tanto da fare. La parte più complicata e difficile del sistema estorsivo è come le cosche entrano in punta di piedi nelle aziende attraverso il personale, proponendo fornitori e servizi, controllando dall’interno ogni segmento dell’attività. Per non parlare dei danneggiamenti che sono mirati e strategici e attraverso cui l’economia libera viene distorta. Sono talmente radicati nei territori che conoscono benissimo tutto quello che fa girare il denaro. Voglio ringraziare i magistrati e gli uomini delle forze dell’ordine che ho incontrato nel mio percorso, che onorano la toga e la divisa che indossano. Sono loro il braccio di uno Stato che, quando incarnato dalle persone giuste, è capace di sconfiggere il nemico, anche quello più subdolo, facendo sentire la presenza dello Stato.
Malapianta e Infectio
Con la duplice inchiesta Malapianta, scattata a maggio 2019 in esecuzione di 35 provvedimenti di fermo e Infectio, un blitz che ha portato a 23 misure cautelari nel dicembre 2019, la Dda di Catanzaro mira a far luce sul potere delle cosche capaci di minare con attività estorsive, la libera concorrenza nella esecuzione di lavori edili, anche attivandosi a favore di soggetti candidati alle elezioni amministrative locali. L’inquinamento del tessuto economico (da qui il nome dell’operazione infectio) da parte dei criminali sarebbe avvenuto attraverso società, spesso intestate a prestanome o soggetti inesistenti, in grado di offrire prodotti illeciti.
La gestione della locale di Cutro sui villaggi turistici
Dall’attività investigativa si è accertato che, oltre al dominio incontrastato del traffico di droga fra le province di Crotone e Catanzaro e l’usura praticata nei confronti di diversi imprenditori anche nel nord Italia, la “locale di San Leonardo di Cutro” da anni avrebbe esercitato la sua criminale influenza sulla gestione dei villaggi turistici nel territorio sottoposto al suo controllo, attraverso una costante vessazione posta in essere con l’imposizione di proventi estorsivi, di assunzioni di lavoratori vicini alla consorteria ‘ndranghetista nonché di fornitori di beni e servizi anch’essi graditi alle cosche annullando, di fatto, ogni forma di libero mercato e di concorrenza. Gli enormi proventi illeciti venivano riciclati anche mediante investimenti nei settori della ristorazione, dell’edilizia e delle stazioni di rifornimento carburante. La cosca San Leonardese avrebbe agito in rapporti di dipendenza funzionale con la cosca Grande Aracri, egemone sulla provincia.
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