di Gabriella Passariello- Due ergastoli, tre condanne a pene comprese tra gli otto e i sei anni e 5 assoluzioni per i 10 imputati giudicati con rito abbreviato coinvolti nell’inchiesta Reventinum, che ha inferto un duro colpo a capi e gregari della cosca del “gruppo storico della montagna”, operante nella Sila Catanzarese e comprendente i territori di Soveria Mannelli, Decollatura, Platania, Serrastretta e zone limitrofe, ricostruendo la faida tra le cosche rivali dei Mezzatesta e degli Scalise.
Le condanne e le richieste di pena
Le condanne e le richieste di pena
Il gup del Tribunale di Catanzaro Pietro Carè ha sentenziato il carcere a vita per Pino Scalise e Luciano Scalise, accusati entrambi di associazione e di essere i mandanti dell’omicidio del noto penalista Francesco Pagliuso, ucciso il 9 agosto 2013 mentre si trovava a bordo della sua auto appena parcheggiata nel giardino della sua abitazione lametina. Il pm per entrambi aveva chiesto la pena a 30 anni di reclusione. Ad Andrea Scalzo, sono stati inflitti 8 anni di reclusione (il pm ha invocato10 anni); ad Angelo Rotella, 8 anni e 4 mesi (il pm ha chiesto10 anni), mentre a Vincenzo Mario Domanico, 6 anni di reclusione (il pm ha invocato 8 anni).
I risarcimenti alle parti civili
Il giudice ha inoltre condannato Pino Scalise a risarcire i familiari dell’avvocato Pagliuso, stabilendo la cifra di 140mila euro nei confronti di Antonia Pagliuso, 20mila euro a Giovanni Albanese, oltre 5.031 ed accessori per spese di lite: 20mila euro in favore di Mattia Albanese, oltre 3.870 ed accessori per spese di lite. In favore di Giovanni Battista Pagliuso 300mila euro, stessa cifra per Rosa Grandinetti, oltre 5.031 ed accessori per spese di lite. Nei confronti di Angela Rita Pagliuso 140mila euro, 20mila euro in favore di Antonio Folino, altri 20mila euro in favore di Pierluigi Folino, oltre 6.192 ed accessori per spese di lite, mentre ha disposto il pagamento di 15mila euro a favore della Camera penale di Lamezia, condannando Pino Scalise, Luciano Scalise e Angelo Rotella in solido tra di loro al pagamento a titolo di risarcimento di 10mila euro al Comune di Platania, oltre 3.870 ed accessori per spese di lite in favore della Provincia di Catanzaro. Pino, Luciano Scalise, Angelo Rotella, Andrea Scalzo e Vincenzo Mario Domanico sono stati condannati in solido al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, di 10mila euro, oltre 3.870 in favore del Comune di Lamezia Terme, di 20mila euro oltre 3.870 in favore del Comune di Decollatura e altri 20mila euro più altri 3.870 a titolo di accessori per spese di lite al Comune di Serrastretta.
Le assoluzioni
Assolti Cleo Bonacci, (il pm ha chiesto 10 anni) Eugenio Tomaino, (il pm ha chiesto 10 anni); Domenico Mezzatesta, (il pm ha invocato 16 anni); Giovanni Mezzatesta, (il pm ha invocato10 anni) con la formula “perché il fatto non sussiste”, mentre Antonio Pulitano è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato”, così come richiesto dal pubblico ministero in aula.
Le accuse contestate
Gli imputati rispondono a vario titolo di associazione a delinquere di tipo mafioso, sequestro di persona, omicidio, estorsione, danneggiamento, violenza privata. Avrebbero inoltre minacciato di morte imprenditori sotto il cappio continuo delle estorsioni, costretti a cedere l’affidamento delle commesse di lavori alla ‘ndrangheta o ad effettuare sconti privilegiati su merce, materiali o piante, a volte obbligati a darli gratuitamente.
La scissione e gli omicidi
Per la Procura distrettuale, le due fazioni sarebbero nate dalla scissione del “Gruppo storico della montagna”, dopo l’attentato subito da Pino Scalise nel 2001, cui ha fatto seguito una lunga scia di sangue iniziata nel gennaio del 2013 con il duplice omicidio, commesso a Decollatura, di Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio (per il quale sono stati condannati in via definitiva Domenico e Giovanni Mezzatesta), proseguita con gli omicidi di Daniele Scalise e di Luigi Aiello e infine con gli omicidi dell’avvocato Francesco Pagliuso e di Gregorio Mezzatesta.
Il sequestro di persona e le minacce
Secondo le ipotesi della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, Pino Scalise, in concorso con i defunti Daniele Scalise, Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio, avrebbe privato della libertà personale il noto avvocato penalista Francesco Pagliuso, conducendolo, contro la sua volontà, in un bosco in una zona montana del Reventinum. I quattro l’avrebbero incappucciato, malmenato e trascinato di fronte ad una buca scavata con un mezzo meccanico, minacciato di essere scaraventato in quel fosso, senza che il suo corpo potesse più essere ritrovato.
Il collegio difensivo
Tra gli avvocati impegnati nel processo compaiono i nomi di Enzo Galeota, Lucio Canzoniere, Antonio Gigliotti, Antonio Larussa, Piero Chiodo, Stefano Nimpo e per le parti civili gli avvocati Salvatore Staiano, Gregorio Viscomi e Aldo Ferraro.