L’omicidio dell’educatore carcerario Umberto Mormile, avvenuto l’11 aprile 1990, sarebbe avvenuto perché “quest’ultimo si era fatto scappare che Domenico Papalìa dialogava con i Servizi segreti”.
Lo ha detto il collaboratore di giustizia Antonino Cuzzola, ex ndranghetista, deponendo oggi al processo d’appello sulla trattativa tra Stato e mafia. Domenico Papalìa – coi fratelli Rocco e Antonio – è esponente dell’omonima famiglia calabrese. L’omicidio Mormile – per altro – è stato poi rivendicato dalla “Falange Armata”: “i depistaggi me li raccontò Domenico Papalìa: mi disse che fece chiamare l’Ansa per far rivendicare l’uccisione da parte della Falange Armata”.
Lo ha detto il collaboratore di giustizia Antonino Cuzzola, ex ndranghetista, deponendo oggi al processo d’appello sulla trattativa tra Stato e mafia. Domenico Papalìa – coi fratelli Rocco e Antonio – è esponente dell’omonima famiglia calabrese. L’omicidio Mormile – per altro – è stato poi rivendicato dalla “Falange Armata”: “i depistaggi me li raccontò Domenico Papalìa: mi disse che fece chiamare l’Ansa per far rivendicare l’uccisione da parte della Falange Armata”.
Una sigla – Falange Armata – che nel corso degli anni ha rivendicato altri omicidi eccellenti: dal politico democristiano Salvo Lima al maresciallo Giuliano Guazzelli fino alle stragi del 1992 e del 1993. Rispondendo alle domande dei pg Fici e Barbiera, inoltre, il collaboratore ha spiegato che “Antonio Papalìa era in contatto con il generale Delfino, all’epoca comandante in Piemonte perché si conoscevano, erano entrambi di Platì”. Cuzzola, proseguendo la deposizione dinanzi alla Corte di assise di appello presieduta da Angelo Pellino, Vittorio Anania giudice a latere, ha aggiunto che “uomini dei servizi portavano valige piene di soldi per pagare i riscatti di persone rapite come Casella, Sgarella… “ ma anche aggiunto di non averli mai visti, questi esponenti dei Servizi.
Redazione Calabria 7