“La cosca cirotana ha sempre controllato le elezioni comunali a Cirò e a Cirò Marina. I contatti con gli aspiranti sindaci e i candidati venivano gestiti dai vertici della cosca nelle persone di Pino Sestito, Salvatore Morrone e Vittorio Farao, figlio di Silvio”. Pesano come macigni le dichiarazioni del pentito Gaetano Aloe, 45 anni, di Cirò Marina contenute nei nuovi verbali di interrogatorio depositati dalla Dda di Catanzaro nel corso del processo di appello che si sta svolgendo con rito ordinario e che vede alla sbarra ex amministratori, sodali ed affiliati alla cosca di ‘ndrangheta Farao-Marincola, di Cirò, una delle più potenti in Calabria, attiva soprattutto nelle estorsioni e nel traffico di droga e che vanta ramificazioni anche in Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia, coinvolti nel maxi blitz antimafia, nome in codice “Stige”, che portò nel 2018 all’arresto di 169 persone e al sequestro di oltre 50 milioni di euro.
Promesse di lavoro e regali in cambio di voti
Promesse di lavoro e regali in cambio di voti
Il collaboratore di giustizia riferisce al pm della distrettuale Domenico Guarascio come la cosca a Cirò Marina avesse sostenuto da sempre i membri della famiglia Siciliani, riferendosi espressamente a Roberto Siciliani ex sindaco di Cirò Marina e al fratello Nevio, una famiglia che, a suo dire, ha sempre elargito beni e utilità per la cosca cedendo immobili, locali “che posso elencarvi anche uno per uno e farvi comprendere a chi della nostra cosca sono andati come utilità”. Racconta come Roberto Siciliani e l’ex presidente della Provincia di Crotone Nicodemo Parrilla fossero in un primo momento uniti politicamente, “sono anche compari”, sviscerando i motivi della successiva rottura derivante dal licenziamento della sorella di Sestito che per molto tempo aveva lavorato nella Cantina Siciliani, poi arrivata a gestire un Agriturismo di Parrilla che avrebbe approfittato della situazione. “Per questo motivo nell’ultima tornata elettorale precedente agli arresti di Stige, Pino Sestito, Morrone, Vittorio Farao e mio cognato Peppe Spagnolo hanno appoggiato la candidatura di Parrilla prendendo accordi direttamente con lui”. Il collaboratore di giustizia spiega anche le modalità con cui avveniva il condizionamento elettorale a Cirò e a Cirò Marina: raccolta di voti casa per casa a cui, per stessa ammissione del pentito ha partecipato anche lui, promettendo posti di lavoro e benefici soprattutto alle famiglie più numerose. “Ad esempio in una tornata elettorale io ho sostenuto Roberto Siciliani, Giuseppe Berardi ex vicesindaco di Cirò Marina è stato scelto come candidato politico direttamente da Vittorio Farao, figlio di Silvio. La cosca lo ha sempre sostenuto in ogni elezione anche quando ciascuno di noi doveva sostenere altri candidati”. L’accordo con Roberto Siciliani prima e poi con Parrilla prevedeva la necessità di far svolgere i lavori comunali da imprenditori scelti dalla cosca “facendo in modo che il Comune fosse qualcosa ad appannaggio della consorteria”.
I legami tra la cosca e gli imprenditori
E non sarebbero stati solo gli esponenti politici ad essere vicini alla cosca, ma anche i dipendenti comunali: “c’è chi ha assentito alla costruzione di molti immobili di Tonino Anania ricevendo in cambio anche soldi. Il ragioniere Morrone pagava fatture inesistenti. Io stesso con la partita Iva della mia azienda di buste di plastica all’insaputa dei miei fratelli, mi sono fatto pagare fatture dal Comune per prestazioni inesistenti. Ad esempio il figlio del ragioniere Morrone, lavorava fittiziamente per una società che svolgeva il servizio mensa a Cirò Marina già da tempo. Natale Aiello è un imprenditore che ha un bar a Botricello, legato a Pino Sestito. So che avevano degli affari insieme ma non so specificarne la natura, così come so che nell’ambito di questo affare Aiello finanziava Sestito”. Il pentito fa il nome di un altro imprenditore, titolare di un’azienda di raccolta di rifiuti Antonio Giorgio Bevilacqua “legato alla nostra consorteria tramite Vittorio Farao, figlio di Silvio che ha direttamente assunto”. Un’assunzione che gli avrebbe garantito mazzette da parte di terzi e la possibilità di espandersi nel territorio con gli appalti “tenete conto che Vittorio Farao ha impattato per lui le pretese di Nicolino Grande Aracri”. Il collaboratore di giustizia parla della famiglia Spadafora di San Giovanni in Fiore, una famiglia di imprenditori boschivi, “che hanno sempre abusato della protezione ‘ndranghetistica. Loro erano legati a Nicolino Grande Aracri, ma soprattutto a Vincenzo Santoro “U Monaco, al quale elargivano denaro e ottenevano protezione e capacità di prendere appalti. Posso dirvi che si fregiavano della protezione di noi cirotani, soprattutto dei Farao, ma ricordo che una volta Vittorio Farao, figlio di Silvio, ad uno di questi Spadafora, mi pare Antonio, incontrandolo in carcere, gli rimproverava di essersi ingranditi fregiandosi della protezione dei Cirotani senza mai aver portato un metro di legna a Cirò. Al Monaco come responsabile dei lavori boschivi in Sila è stato messo da Cataldo Marincola”, aggiungendo che la cantina di Pasquale Malena è di Vittorio Farao, figlio di Silvio il quale grazie all’imposizione dei vini fatta da lui e Ciccio Castellano, “lo ha risollevato anche da problemi di usura che Pasquale Malena aveva con Nardo Crugliano”. Aloe sollecitato dal pm della Dda riferisce sui rapporti tra gli imprenditori vinicoli Zito e la cosca, parlando dell’esistenza di un accordo con Pino Sestito. “C’è stato un periodo in cui da Zito parecchi andavano a chiedere soldi lavoro e vino. I due fratelli furbamente si sono quindi associati commercialmente con Pino Sestito, hanno preso un loro vino e lo hanno etichettato come “Zi Lorenzo”. E fregiandosi del nome di Pino Sestito, avrebbero ottenuto anche sconti commerciali quando si trattava di comprare cartoni o accessori per l’imbottigliamento.