Torna libero l’imprenditore Antonio Giorgio Bevilacqua, coinvolto nell’operazione della Dda di Catanzaro, nome in codice Stige, contro la cosca di ‘ndrangheta Farao-Marincola. Il Tribunale del riesame del capoluogo calabrese, accogliendo la richiesta degli avvocati difensori Vincenzo Cicino e Antonio Anaia, che hanno provato attraverso indagini difensive l’insussistenza delle tesi accusatorie, ha annullato l’ordinanza di misura cautelare in carcere emessa dal gip il 3 settembre 2018. Si tratta di un riesame bis, nel senso che il Tdl era già stato chiamato a pronunciarsi sulla revoca della misura cautelare in carcere e in subordine su una misura cautelare meno afflittiva, confermando l’ordinanza del gip. I legali difensori si erano poi appellati in Cassazione e la Suprema corte aveva annullato con rinvio per un nuovo riesame. Bevilacqua, secondo le ipotesi di accusa, è ritenuto legato all’associazione a delinquere di stampo mafioso del clan Farao-Marincola. L’obiettivo sarebbe stato quello di amministrare l’impresa criminale Derico New geo srl, assieme a Vittorio Farao, con lo scopo di monopolizzare i servizi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani nei Comuni di Cirò Marina, Cutro ed altri siti nel territorio della Calabria ionica. L’azienda sarebbe risultata riconducibile alla cosca Farao-Marincola, perché posta al servizio dell’associazione e “caratterizzata dalla finalità di ingerenze illecite nell’assegnazione di appalti, nonché di assunzione di persone vicine al sodalizio”. I difensori di Bevilacqua, tra l’altro, hanno evidenziato come erroneamente il primo Tribunale del Riesame aveva affermato l’impossibilità di procedere ad una diversa qualificazione giuridica dei fatti addebitati a Bevilacqua, se non quella di concorso esterno all’associazione mafiosa, omettendo di valutare la reale natura dei rapporti tra l’imprenditore e l’organizzazione mafiosa, alla luce del contenuto delle intercettazioni (scarsamente dimostrativo dell’esatta connotazione di quei rapporti) e dell’assenza di elementi in grado di dimostrare l’intraneità dell’imprenditore al sodalizio. Del resto nelle stesse dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Farao, Bevilacqua viene indicato quale imprenditore vessato dalla cosca a cui erano imposti periodici versamenti di denaro in favore dell’associazione. (g.p.)