di Gabriella Passariello- Tre a giudizio, per altri tre non luogo a procedere e un imputato all’abbreviato tra dipendenti, funzionari e dirigenti dell’ Azienda sanitaria Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, accusati a vario titolo di abuso di ufficio, falso, estorsione aggravata nell’ambito della più ampia inchiesta sull’assenteismo dal posto di lavoro, nome in codice “Mezzo servizio” che ha portato la Procura ad identificare un dipendente regolarmente retribuito per 15 anni, senza aver mai lavorato.
I nomi di chi va a processo e chi all’abbreviato
I nomi di chi va a processo e chi all’abbreviato
Il gup del Tribunale di Catanzaro Paola Ciriaco, ha rinviato a giudizio Salvatore Scumace, 68 anni, di Botricello, nel 2005 era stato assegnato al Centro Operativo Emergenza Incendi (Coei) dell’ospedale catanzarese il responsabile, Nino Critelli, 67 anni di Catanzaro, subentrato nel ruolo di Scumace, la responsabile del settore personale Maria Pia De Vito, 69 anni di Montepaone, mentre ha disposto il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei confronti di Domenico Canino, 63 anni di Catanzaro, Laura Fondacaro, 53 anni di Soverato, e Antonio Molè, 54 anni di Catanzaro, facenti parte della commissione disciplinare, difesi dall’avvocato Danilo Iannello, Aldo Casalinuovo, Luigi Aloisio e Bruno Filippo Napoli. Il processo nei confronti degli imputati, che hanno scelto di proseguire l’ordinaria udienza preliminare, inizierà il prossimo 5 aprile davanti ai giudici del Tribunale collegiale, dove nel corso del dibattimento gli avvocati Gregorio Viscomi, Giuseppe Pignanelli, Giuseppe Fonte e Giuseppe Macrì tenteranno di smontare le ipotesi di accusa. Ha invece optato per il rito abbreviato il direttore del personale Vittorio Prejanò, 64 anni di Catanzaro, (codifeso dai legali Saverio Loiero e Vittoria Aversa), nei cui confronti il 25 gennaio prossimo è prevista la requisitoria del pubblico ministero.
L’estorsione aggravata
Secondo gli inquirenti e gli investigatori, che si sono avvalsi dell’esito dell’esame dei tabulati di presenza, dei turni di servizio e delle testimonianze di alcuni suoi colleghi e superiori, Scumace, pur percependo regolarmente la retribuzione, per più di 538mila euro complessivi, per oltre 15 anni non sarebbe mai andato a lavorare. Un obiettivo che sarebbe stato possibile raggiungere con condotte estorsive, portate avanti da una persona, allo stato non identificata, nei confronti dei propri superiori. In particolare nel 2005, “una persona molto distinta”, (allo stato ignota) si sarebbe introdotta senza preavviso nell’ufficio di una ex responsabile del Coei (estranea ai fatti) e, operando velate ma inequivocabili minacce all’incolumità sua e dei suoi familiari, l’avrebbe costretta a soprassedere sulle segnalazioni disciplinari nei confronti del dipendente assenteista.
Omesso controllo sulla presenza a lavoro
Ma c’è di più. Dopo il pensionamento dell’ex responsabile intimidita, l’assenteismo di Scumace sarebbe proseguito indisturbato in quanto sia Critelli, subentrato come nel Coei, che i due dirigenti pro tempore dell’Ufficio Risorse Umane Prejanò e De Vito, imputati, in concorso con Scumace, per abuso d’ufficio, avrebbero omesso di adempiere ai controlli sull’effettiva presenza in servizio del dipendente, consentendogli di fatto di proseguire nel suo reiterato assenteismo.
“La prima commissione disciplinare chiude un occhio”
Nel mese di luglio del 2020, quando sono iniziati gli approfondimenti investigativi della Guardia di Finanza, anche attraverso l’analisi dei tabulati telefonici di Scumace, l’Azienda avrebbe affidato un primo procedimento disciplinare nei confronti di Scumace, ad un’apposita commissione composta dal presidente Canino e dai due componenti Molè e Fondacato, che però, secondo le originarie ipotesi accusatorie, avrebbero chiuso un occhio sulla vicenda: a fronte del palese assenteismo di Scumace, avrebbe concluso per l’insussistenza della possibilità di avanzare un addebito disciplinare nei suoi confronti. Ecco perché gli imputati in questo caso rispondevano per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio. Accuse venute meno alla luce del verdetto del gup, che ha accolto la richiesta di non luogo a procedere. Successivamente all’archiviazione del primo procedimento disciplinare, la direzione aziendale del nosocomio catanzarese ne ha promosso un secondo, che ha portato nel mese di ottobre 2020, al licenziamento senza preavviso del dipendente, così come previsto in materia di pubblico impiego.