“Le informazioni fornite da Frontex sulla rotta e sulla navigazione” alle autorità italiane nella notte del 26 febbraio scorso “sono state molto approssimative se non fuorvianti”. Così l’ammiraglio Salvatore Carannante, perito nominato dalla procura di Crotone per fare chiarezza su quanto avvenuto poco prima del terribile naufragio avvenuto quella notte a Steccato di Cutro, e che ha causato la morte di almeno 94 migranti.
I dettagli messi in luce dalla perizia
I dettagli messi in luce dalla perizia
Sotto accusa, come riporta Gazzetta del Sud è finita la segnalazione del velivolo “Eagle 1” dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera che, alle 22.26.13 del 25 febbraio, ha avvertito la sua sede di Varsavia, e successivamente le autorità italiane, della presenza in mare di “un’imbarcazione sospetta”.
“Dalla posizione dell’imbarcazione – si legge nella consulenza – sulla cartografia Open street map, come indicata da ‘Eagle 1’, tracciando la rotta di 296 gradi verso la costa, l’unità coi possibili migranti sarebbe dovuta giungere nella zona della baia di Copanello (Catanzaro, ndr), quindi ben più a sud-ovest di Steccato di Cutro». In pratica, osserva l’ammiraglio, “la distanza che l’imbarcazione avrebbe dovuto percorrere seguendo la rotta indicata da ‘Eagle 1’ nel report di missione, sarebbe stata di circa 53 miglia nautiche” e, con la velocità di 6 nodi rilevata dall’aereo di Frontex, il caicco “avrebbe dovuto compiere tale percorso in circa 9 ore dall’ora di avvistamento (22.26.13) e giungere sulla costa all’incirca alle ore 7.20 della mattina del 26 febbraio”.