Strage di Pizzinni, le rivelazioni clamorose del pentito Servello: “Il mandante? Un industriale vibonese”

L’ombra di un imprenditore dietro l’attentato che è costato la vita a due bambini innocenti. I retroscena raccontati dal collaboratore di giustizia che si autoaccusa: “La bomba però non l’ho messa io”

di Mimmo Famularo – Un processo c’è già stato ma finì con l’assoluzione di tutti gli imputati. Quaranta anni dopo, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro riapre le indagini sull’efferata strage di Pizzinni e lo fa supportata da nuovi elementi. C’è un pentito che nel corso degli anni ha parlato di quanto avvenuto quel 24 ottobre del 1982 nella piccola frazione di Filandari, in provincia di Vibo Valentia. Si chiama Angelino Servello che già nel 2005 si era autoaccusato di essere uno degli autori materiali dell’attentato. Lo scorso mese di novembre, dinnanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro nell’ambito di un processo contro il clan Soriano, il collaboratore di giustizia di Ionadi ha ribadito ciò che quindici anni prima aveva già detto al pm antimafia Marisa Manzini svelando retroscena e movente di una strage ancora impunita.

“Io c’ero ma ha messo la bomba alla porta sbagliata”

“Io c’ero ma ha messo la bomba alla porta sbagliata”

Rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale Raffaella Sforza aveva dichiarato in aula: “Sono andato con un altro (…) e abbiamo messo una bomba, dove poi sono morti due ragazzi innocenti anziché colpire la famiglia Soriano (…) ha sbagliato a mettere la bomba. Anziché metterla a una porta l’ha messa all’altra porta”. Dichiarazioni clamorose dalle quali si evincono un paio di dati: Servello non parla per “sentito dire” ma è testimone diretto di quanto accaduto quella domenica di quaranta anni fa nel vicolo Deodato di Pizzinni. Si autoaccusa di essere lui uno degli autori ma non di aver piazzato materialmente la bomba. Attribuisce a un’altra persona l’errore materiale e conferma il vero obiettivo: la famiglia Soriano che abitava al civico più avanti.

I Mancuso e l’industriale di Jonadi

L’altra sorpresa arriva quando il pentito parla del movente e, soprattutto, dei mandanti. “Lo dovevamo fare perché ci ha mandato l’industriale (…) di Jonadi. Lui mi ha detto che dovevamo mettere questa bomba per mandato della famiglia Mancuso”. Dietro l’attentato rispunta l’interesse del potente casato di Limbadi in attrito con l’emergente clan di Filandari ma a consegnare materialmente l’ordigno agli autori della strage sarebbe stato questo “industriale” legato ad ambienti ‘ndranghetisti. “Le ragioni di (…) – spiega ancora Servello dinnanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro – sono perché all’imprenditore i Soriano gli chiedevano il pizzo, volevano dei soldi, l’estorsione e siccome (…) certe cose non le digerisce è stato lui che ha organizzato per la bomba e il mandante è lui. Che poi magari si appoggia pure ai Mancuso o altri che gli hanno detto i Mancuso”.

Il verbale d’interrogatorio del 2005

Quanto riferito da Servello davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro nel novembre del 2020 non è una novità assoluta. Già nel 2005 il pentito aveva parlato della strage di Pizzinni in un verbale poi finito agli atti del processo “Black Money”. Ad interrogarlo all’epoca era stata Marisa Manzini, applicata dalla Dda di Catanzaro su Vibo. “Io c’ero e quella bomba l’ha messa l’amico mio. Io ero complice” aveva rivelato svelando anche il mandante. “Questo fatto – aveva aggiunto – mi è stato obbligato dal signor (…), mio paesano, l’industriale che ha la fabbrica di ferro, che lavora… che ha quella grossa fabbrica… Mi è stato obbligato di mettere questa bomba in quanto… dicendomi che glielo hanno detto i fratelli Mancuso, all’epoca, che io non ho mai conosciuto, né conoscevo”.

Le dichiarazioni di Andrea Mantella

Più recentemente, esattamente nel settembre del 2016, a parlare della strage di Pizzinni è stato Andrea Mantella che, tuttavia, affronta la questione con gli investigatori del Ros parlando “de relato” in un verbale di interrogatorio poi finito agli atti della maxi inchiesta “Rinascita Scott”. “Io sapevo – rivela il collaboratore di giustizia – che la bomba era stata collocata da Peppe Mancuso, detto ‘Mbrogghja” e da Nazzareno Pugliese di San Costantino Calabro per colpire alcuni soggetti della famiglia Soriano. Invece rimasero uccisi i due bambini. La cosa mi è stata raccontata nel carcere di Catanzaro-Siano, al terzo piano, lato destro, da Leone Soriano, il quale ammise di aver commesso la leggerezza di fare confidenze alle forze dell’ordine su quanto accaduto. Mi disse che effettivamente erano responsabili i due, Peppe Mancuso e Nazzareno Pugliese, cosa che io già sapevo, e mi disse anche che i Soriano davano la caccia a Nazzareno Pugliese, che si era chiuso a casa per non essere ucciso e questo avveniva fino almeno al 2004. Ho saputo che i responsabili sono stati poi assolti pur essendo colpevoli. Non so dire se in questa vicenda sia coinvolto il collaboratore Servello”.

Strage di Pizzinni, la Dda di Catanzaro riapre il caso: caccia a mandanti e autori (FOTO)

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