Stragi di ‘ndrangheta e Cosa Nostra, 29 anni fa l’uccisione dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo

Presto l’attacco contro i carabinieri assume i contorni di un ben più vasto disegno criminale che porterà con le inchieste sulle stragi di Cosa nostra e di ‘ndrangheta stragista
fava e garofalo

Sono passati 29 anni. Il 18 gennaio del 1994, in un’Alfa 75 del Nucleo radiomobile di Palmi, giacevano i corpi senza vita degli appuntati Antonino Fava, 36 anni, padre di tre figli, di Taurianova (Reggio Calabria) e Vincenzo Garofalo, 31 anni, due figli, di Scicli (Ragusa), coperti da un lenzuolo bianco steso da una mano pietosa. Attorno all’automezzo, decine di loro colleghi, in divisa e in borghese, magistrati, prefetto, questore e uomini dei servizi, cercavano di dare una prima interpretazione, una traccia di lavoro, dinanzi a quell’agguato eseguito con freddezza, con tecnica “terroristica” a colpi d’arma da fuoco.

La partenza dal carcere di Palmi

La partenza dal carcere di Palmi

Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, poco prima delle 200, erano partiti dal carcere di Palmi per ispezionare la corsia sud dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, fino a Villa San Giovanni, per garantire la sicurezza di un gruppo di magistrati di Messina giunti a Palmi per interrogare il pentito “che girava in Ferrari”, Luigi Sparacio. Gli inquirenti, infatti, dovevano rientrare nella città siciliana e c’era il timore che potessero essere oggetto di attentati.

Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, non appena si immettono sull’autostrada, si accorgono di essere seguiti da un’autovettura – una Fiat Regata, si scoprirà dopo – e lo comunicano ai loro colleghi in centrale. Ma permane il sospetto che qualcosa non quadri nel comportamento di chi guida la Regata, che procede quasi attaccata all’Alfa 75 dei carabinieri, con gli abbaglianti accesi. Non c’è più il tempo di una seconda segnalazione in centrale: la berlina affianca la vettura del Nucleo radiomobile e si scatena l’inferno. Contro Antonino Fava e Vincenzo Garofalo verranno esplosi decine di colpi di fucile caricato a pallettoni e raffiche di mitra, che ne provocano la morte immediata.

Scontro con il guardrail

L’Alfa 75, ormai senza controllo, finisce la sua corsa contro il guardrail, a poco meno di tre chilometri dello svincolo autostradale di Scilla. Il parabrezza dell’Alfa 75, con i lampeggianti accesi, presenta i fori, perfettamente allineati, delle pallottole calibro 9 lungo, vomitati da una pistola mitragliatrice Beretta M12 in dotazione alle forze dell’ordine, mancante del numero di punzonatura e, come si saprà poi, finita nelle mani del killer della ‘ndrangheta Giuseppe Calabrò, condannato all’ergastolo e poi pentito, usata in altri due attentati ai carabinieri di Reggio Calabria: il primo dicembre del 1993, con il ferimento dei militari Silvio Ricciardi e Vincenzo Pasqua, e il 1 febbraio 1994, due settimane dopo l’assassinio di Fava e Garofalo, contro Salvatore Serra e Bartolo Musicò, anche loro scampati miracolosamente alla morte. Una cruenza di episodi che spingerà gli investigatori ad allargare gli orizzonti ben oltre le classiche indagini contro il crimine organizzato e mafioso.

Inchieste sulle stragi di Cosa nostra e ‘ndrangheta stragista

Con il passare dei mesi, infatti, l’attacco contro i carabinieri assume i contorni di un ben più vasto disegno criminale che porterà lontano, fino ai nostri giorni, con le inchieste sulle stragi di Cosa nostra e di ‘ndrangheta stragista. Un disegno terroristico avvalorato dai giudici di merito di Reggio Calabria, che condanneranno all’ergastolo in primo grado il boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano e il capo ‘ndrangheta di Melicucco (Reggio Calabria), Rocco Santo Filippone, quali mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, “frutto della visione comune di Cosa nostra e ‘ndrangheta, che avevano tentato di coinvolgere anche la camorra. Tre efferati attacchi per unico disegno eversivo”.

Il ricordo dei colleghi

Nella giornata odierna, nel 29° anniversario dell’evento, i carabinieri della Compagnia di Palmi, alla presenza del prefetto Massimo Mariani, del questore Bruno Megale, del comandante provinciale di Reggio Calabria Marco Guerrini, e dei familiari delle vittime, hanno ricordato i loro colleghi caduti nel vile attentato. La commemorazione ha avuto inizio a Palmi, presso la Concattedrale, con la messa in suffragio dei militari caduti, officiata dal vicario del vescovo, don Pino Varrà, per poi proseguire, con una deposizione di una corona d’alloro, presso l’area di sosta dell’autostrada prima dell’uscita di Scilla, dove fu perpetrato l’attentato e dove oggi si trova il monumento alla memoria dei 2 carabinieri.

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