Tansi: “Undici ministri del nuovo governo Conte sono meridionali”

Non posso fare a meno di notare con piacere che undici ministri del nuovo governo Conte sono meridionali. Non per campanilismo, un virus da cui mi reputo immune, ma perché spero che attraverso il nuovo organigramma ministeriale si sia voluto dare un segnale forte al Mezzogiorno. Tuttavia, visto che mi interessa la sostanza ben più della forma, noto con più piacere altri segnali positivi, inclusi nel programma con cui il professor Conte si prepara a guidare il Paese. Innanzitutto, lo stop deciso all’autonomia differenziata grazie alla previsione obbligatoria dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che ribadisce il principio chiave della nostra Costituzione: l’eguaglianza. Già: tutti i cittadini hanno diritto ad avere dalla Pubblica amministrazione gli stessi servizi, a prescindere da dove sono nati e vivono. Se sacrificassimo questo concetto all’egoismo di alcune parti del territorio nazionale e della società, smetteremmo non solo di essere una nazione, ma addirittura di essere cittadini europei.”

Lo afferma in una nota Carlo Tansi, candidato alla Presidenza della Regione

Lo afferma in una nota Carlo Tansi, candidato alla Presidenza della Regione

“Tutti i cittadini italiani hanno uguale diritto a curarsi, a prescindere che vivano a Platì o a Cinisello Balsamo. Per questo la Calabria deve essere dotata urgentemente dei mezzi per assumere il personale sanitario specializzata di cui ha disperato bisogno: la salute e, peggio ancora, la sopravvivenza dei calabresi non può essere affidata all’eroismo di pochi medici costretti a lavorare ai limiti del logoramento e con pochissimi mezzi. Tutti i cittadini italiani hanno uguale diritto a istruirsi a prescindere che vivano nel cuore del Nordest o nelle periferie della Calabria più disagiata. Tutti i cittadini italiani hanno l’eguale diritto a ottenere provvedimenti, autorizzazioni, certificati, finanziamenti e provvidenze a prescindere che vivano a Maida o a Gorgonzola. Tutte le pubbliche amministrazioni, statali, regionali, provinciali e comunali, devono funzionare col massimo dell’efficienza, a prescindere dalla ricchezza dei territori amministrati. Ed è per questo che le amministrazioni dei territori più poveri poter funzionare a prescindere dai gettiti fiscali. Una cosa è l’inefficienza dovuta a problemi di corruzione e inadeguatezza, quella che voglio combattere, un’altra è l’inefficienza dovuta a mancanza di risorse, che deve essere combattuta dagli organi della nostra Repubblica, secondo la quale tutti siamo uguali.

Un principio che non si sarebbe potuto più sostenere se fosse passato il criterio della “spesa storica”, perché nessun povero può spendere come i ricchi e sarebbe stato gravissimo basare sull’impossibilità di spendere e investire dei tagli che avrebbero compromesso le condizioni minime di vita civile. Perciò, accantonare questo autonomismo, voluto dal Nord e sostenuto dalla peggiore destra della storia repubblicana, significa anche ristabilire la legalità costituzionale: infatti, se questa riforma fosse passata avremmo subito il paradosso di tre Regioni ordinarie dotate di più poteri delle Regioni a Statuto speciale, Un paradosso che avrebbe portato indietro di almeno cinquant’anni le pagine del calendario e le lancette dell’orologio. L’Italia è e resterà una nazione forte finché al suo interno resteranno vivi i principi della giustizia, della solidarietà e dell’equità, che invece la riforma appena sventata metteva in forte discussione. Altri segnali positivi del programma del Conte bis consistono nella previsione di importanti strumenti di sviluppo: i Contratti istituzionali di sviluppo (Cis) e le Zone economiche speciali (Zes). Questi due interventi consentiranno ai meridionali e ai calabresi di iniziare a essere produttori e non più solo consumatori. Di ridurre la loro storica dipendenza economica e, finalmente, di mettersi su un piano di parità coi concittadini delle zone industrializzate.

In particolare, la realizzazione della Zes, unita ai progetti di infrastrutturazione del territorio calabrese, potrebbe essere la classica mano santa per Gioia Tauro, perché sottrarrebbe il suo importantissimo porto alle mani sporche dei narcos e lo restituirebbe ai calabresi per bene, che vogliono produrre, dare servizi e intraprendere senza subire la doppia mannaia della criminalità e del fisco, che svantaggia i meno ricchi. Sono fiducioso nella buona volontà di chi ha voluto correggere il tiro di una brutta politica recente, che sembrava cucita su misura dell’egoismo più abietto. E sono convinto che questo tentativo di rilancio del Sud possa essere supportata con efficacia dalla sensibilità e dall’efficacia delle amministrazioni regionali, a patto che queste ultime siano riformate e ben dirette. Il programma del nuovo governo stimola ancor più il mio impegno a fare bene per la nostra terra e a mettermi in discussione: ho la certezza che, se i miei concittadini calabresi mi dessero il mandato a rappresentarli, troverei interlocutori sensibili alle problematiche del Mezzogiorno.”

Redazione Calabria 7

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