di Gabriella Passariello- Un’assoluzione e un luogo a procedere per tentata concussione pronunciate dal gup, che non hanno convinto la Procura di Catanzaro nell’ambito di un’inchiesta che ruota intorno alla contesa di uno stabilimento balneare ubicato nel quartiere Lido di Catanzaro, il “Lido Jonio ce l’hai”. Il sostituto procuratore della Repubblica Graziella Viscomi ha proposto appello nei confronti dell’imprenditore Giovanni Valentino e del poliziotto Giovanni Mellace chiedendo l’annullamento del provvedimento emesso dal gup del Tribunale di Catanzaro il 5 luglio scorso (LEGGI QUI), che ha assolto il primo, giudicato con rito abbreviato, chiedendone la condanna e prosciolto il secondo, che ha optato per l’ordinaria udienza preliminare, invocando il decreto che dispone il giudizio. Ambedue scagionati, secondo il magistrato, in base a motivazioni contraddittorie
Il lido conteso e la doppia denuncia
Il lido conteso e la doppia denuncia
Tutto nasce da alcune denunce sporte dall’imprenditore Aniello Grampone, marito di Matilde Talotta, gestori della struttura e parti civili, assisiti dai legali Giuseppe Carvelli del foro di Catanzaro e Gianluca Serravale del foro di Cosenza. Poco più di un anno fa, il 22 e il 26 marzo 2021, si era recato prima alla Procura di Catanzaro e poi in Questura per raccontare alcuni episodi “pocco rassicuranti”. Secondo le originarie ricostruzioni degli inquirenti è proprio qui che entra in scena Giovanni Mellace, attualmente in servizio alla polizia giudiziaria di Catanzaro. L’ispettore si presenta al “Lido Jonio” e chiede di parlare con Grampone al quale dice di essere a conoscenza dei suoi movimenti e anche di sapere della scadenza del contratto di locazione tra lui e Valentino. Aggiunge, sempre secondo la ricostruzione accusatoria, di voler subentrare nel contratto in quanto titolare effettivo di un birrificio, un’attività che appartiene ad una società intestata alla moglie di Mellace.
“Tutte le carte passano dalle mie mani”
Sempre secondo le originarie ipotesi accusatorie, il poliziotto avrebbe agito istigato da Valentino: “Vedi che io so tutto, leggo tutto, tutte le carte passano dalle mie mani, conosco tutti i movimenti che fai” avrebbe detto Mellace a Grampone per indurlo a non proseguire la sua battaglia giudiziaria sulla gestione del Lido “con conseguente utilità sia per Valentino che per lui stesso (Mellace ndr), interessato al subentro nella struttura recettizia in questione”. Un intento non riuscito perché il Grampone ha sporto immediatamente denuncia.
“Fatti travisati dal gup”
Alla luce di queste dichiarazioni inequivoche non solo non si comprende secondo il magistrato come si possano tacciare di ambiguità le frasi proferite da Mellace, ma appare contradditoria e frutto di travisamento dei fatti l’affermazione contenuta in sentenza per cui : “a dire sia di Talotta che di Grampone i toni utilizzati da Mellace erano genericamente minacciosi e larvatamente intimidatori. Affermazioni non solo mai compiute da Talotta e Grampone, ma neppure risulta dal compendio istruttorio”. Secondo la Procura non si può prescindere da dati oggettivi: il rapporto conflittuale fra Giovanni Valentino e Matilde Talotta, le dichiarazioni di Talotta e Grampone ritenute provate e attendibili dallo stesso gup in ordine alla minaccia di Mellace: “Comunque vidi ca parravi cu Valentino, a vostra storia sacciu tuttu, parravi e mi dissa ca ti scadia u contrattu e mò stu lidu l’accattavi cu”.
L’interesse a mettere le mani sul lido
Ma c’è di più. Per il magistrato non si può prescindere che “il dato dell’interesse al proferimento della minaccia è riscontrato proprio in relazione all’attività parallela di gestione del birrificio tenuta da Grampone, che ha anche specificato come Mellace in passato gli abbia proposto per il suo locale la vendita della sua birra. Proposta non accettata da Grampone.