Tentate estorsioni a Reggio, quattro condanne per le cosche Libri e Morabito

Le indagini della Guardia di finanza avevano consentito di accertare due distinti episodi analoghi per le modalità delle richieste estorsive
cosche libri e morabito

Quattro condanne, a pene da un minimo di 2 anni e 8 mesi a un massimo di 8 anni di reclusione, sono state comminate dal gup di Reggio Calabria, Francesco Campagna, al termine del processo celebrato con rito abbreviato scaturito dall’operazione “Pensierino”, che il 27 aprile dello scorso anno aveva portato all’arresto di tre persone ritenute affiliate alle cosche Libri e Morabito, per due tentate estorsioni nella zona di Mosorrofa e Terreti, e che vedeva complessivamente 13 indagati.

Le indagini della Guardia di finanza

Le indagini della Guardia di finanza

Le indagini della Guardia di finanza avevano consentito di accertare due distinti episodi analoghi per le modalità delle richieste estorsive: uno durante i lavori eseguiti su un cantiere nel quartiere di Mosorrofa e l’altro in quello di Terreti, perpetrate da soggetti che si presentavano sui luoghi impedendo, agli operai presenti sul posto, la prosecuzione dei lavori fin quando non avessero interloquito con i titolari dell’azienda per avanzare direttamente la pretesa estorsiva, intimando di riferire loro che si sarebbero dovuti “mettere a posto”, “parlando con chi dovevano parlare”.

Sotto processo anche le vittime dell’estorsione

A finire sotto processo erano state anche le vittime dell’estorsione, ossia i titolari della ditta interessata, Francesco Benedetto e Caterina Tripodo. Quest’ultima – difesa dall’avvocato Luca Cianferoni del Foro di Roma – era accusata di favoreggiamento personale con l’aggravante mafiosa, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, nonché per aver richiesto ad un finanziere di verificare i precedenti penali di un altro individuo accedendo allo SDI. Per lei la pubblica accusa aveva richiesto la condanna a 8 anni di reclusione. Il Tribunale di Reggio Calabria ha escluso l’aggravante mafiosa ed assolto l’imprenditrice dai reati relativi alle fatture per operazioni inesistenti.

In particolare il gup ha condannato  Riccardo Artuso a 8 anni di reclusione e 5.333 euro di multa; Bruno Scordo a 6 anni e 8 mesi di reclusione e 5.333 euro di multa; Francesco Benedetto a 3 anni e 4 mesi di reclusione e Caterina Tripodo a 2 anni e 8 mesi di reclusione.

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