di Mimmo Famularo – Nessuno ha parlato e chi lo ha fatto non ha fornito alcuna indicazione utile alle indagini. Il muro di omertà stavolta è stato impenetrabile per i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia guidati dal capitano Alessandro Bui. Non è stato però sufficiente a chi nel silenzio ha cercato, direttamente o indirettamente, di proteggere l’autore della sparatoria che sabato notte ha insanguinato la movida di Vibo. Le scioccanti immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona hanno immortalato praticamente tutto: dalla discussione per futili motivi, fino alla rissa e alla pistola che appare all’improvviso. Lo sparo non si vede nel video ma gli inquirenti non hanno alcun dubbio: a premere il grilletto è stato Francesco Barbieri, 20 anni, di Pannaconi. Il ferito è invece Domenico Catania, 32 anni di Vibo. Nell’altra immagine si vede che giace a terra mentre le auto gli passano quasi sopra e i passanti ignorano quanto avvenuto. Non si fermano a prestare soccorso e non danno l’allarme. Nessuno telefona al 112, qualcuno allerta invece il 118 e quando i soccorsi arrivano sul posto vedono il 32enne riverso a terra in una pozza di sangue. I sanitari capiscono la situazione: ferito da un colpo d’arma da fuoco. E’ così che entrano in scena i carabinieri. A sommarie informazioni vengono subito escussi i testimoni che hanno assistito alla scena e che, a vario titolo, hanno avuto un ruolo nella vicenda. Sono nove persone e tra di loro anche il cugino e il padre della vittima. Nessuno dà indicazioni precise, tutti forniscono circostanze generiche. Persino Domenico Catania nega di essere stato colpito da un proiettile. Gli investigatori della sezione scientifica dei carabinieri iniziano l’analisi della scena del crimine e in poche ore, con l’ausilio dei filmati subito visionati, viene ricostruita la dinamica dell’evento e individuato il punto in cui verosimilmente è stato colpito Catania. A reperto finisce un proiettile calibro 7,65 inesploso. A coordinare le indagini il sostituto procuratore Ciro Lotoro sotto la supervisione del procuratore Camillo Falvo che preme per dare una risposta immediata.
La ricostruzione del tentato omicidio
La ricostruzione del tentato omicidio
Tassello dopo tassello, gli inquirenti ricostruiscono minuziosamente il puzzle. Tutto inizia con una rissa intorno all’una di notte. Alta tensione in pieno centro, proprio dinnanzi a uno dei locali più frequentati della movida vibonese. A un’azione corrisponde una reazione e uno dei ragazzi protagonisti della lite si arma di una pistola e torna sul luogo del misfatto. La discussione sfocia nel sangue. Un colpo di pistola, uno solo. Tragedia sfiorata. “Dopo una breve colluttazione – racconta il capitano Alessandro Bui, presente in conferenza stampa unitamente al suo comandante, il colonnello Bruno Capece – a cui partecipano diverse persone, alcuni provano a dividere, alcuni fomentano, e nel momento in cui c’è lo spazio per effettuare il tiro il fermato di oggi esplode il colpo e ferisce Domenico Catania. Diciamo che fortunatamente c’è stato solo un ferito ma dalla dinamica poteva andare peggio”. Secondo quanto emerge dal fermo, Barbieri avrebbe estratto l’arma puntandola inizialmente alla testa e poi al petto di Catania. Il colpo di pistola lo attinge alla spalla destra, a distanza ravvicinata, “non placando il suo intento neppure a fronte dell’intervento di altri soggetti che cercavano di fermarlo e farlo ravvedere dal suo intento criminoso. Successivamente – si legge sempre tra le carte del provvedimento di fermo – invece di soccorrere la vittima la lasciava a terra e si dava precipitosamente alla fuga, a piedi, lasciando addirittura, la vettura ed i suoi effetti personali, nei pressi del luogo del delitto”.
Chi è Francesco Barbieri
Nel fermo viene tracciato anche il profilo del presunto autore. Venti anni, figlio di Antonino Barbieri, detto “Carnera”, cugino di Giuseppe Barbieri, nonché nipote di Giuseppe Antonio Accorinti (ritenuto il boss di Zungri) e di Francesco Barbieri, tutti arrestati nell’ambito dell’operazione “Rinascita Scott” per associazione mafiosa. Nonostante la giovane età, gli inquirenti lo inseriscono nel contesto criminale vibonese. In passato è stato deferito in stato di libertà per danneggiamento e si è reso protagonista anche di reati come la produzione di monete false. Non è la prima volta che il suo nome finisce alla ribalta della cronaca. Nel 2018 e nel 2020 era stato denunciato per rissa e poi ancora per minaccia, invasione di proprietà e danneggiamento. Per il pm Ciro Lotoro c’è la concreta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato. “L’indagato – scrive il sostituto procuratore nel fermo – ha mostrato un’indole particolarmente violenta e destante un grave allarme sociale”. E ancora: “Ha dimostrato una pervicacia disarmante e allarmante”. Nessun dubbio, quindi, per gli inquirenti sulla pericolosità sociale di Barbieri. “E’ ulteriormente acclarata – aggiunge il magistrato – dalla facilità con la quale lo stesso reperiva l’arma da fuoco che illegalmente portava in luogo pubblico e che usava, senza farsi alcuno scrupolo”. Sussiste – ad avviso dell’accusa – anche il concreto pericolo di fuga e il conseguente pericolo di inquinamento probatorio. “E’ prevedibile – conclude il pm – che lo stesso una volta venuto a conoscenza dello sviluppo delle indagini a suo carico possa sottrarsi al corso della giustizia”. Lo aveva fatto in prima battuta rendendosi irreperibile per poi consegnarsi ai carabinieri che ormai lo braccavano. Potrebbe succedere ancora. Per la Procura di Vibo è quindi necessaria l’applicazione della misura cautelare in carcere. Sotto questo profilo deciderà il gip che verrà chiamato a convalidare o meno il fermo. Primo step di un’indagine che preannuncia ulteriori sviluppi perché ora Camillo Falvo punta a presentare il conto anche ai favoreggiatori.
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