“Ti sgozzo come un maiale”, le minacce dell’imprenditore legato ai clan della ‘ndrangheta

Denunciato dall'ex compagna che aveva costretto a lasciargli la casa e arrestato dalla Guardia di Finanza nell'ambito di un'indagine della Dda di Venezia
contraffazione e truffa

di Mimmo Famularo – Nuovi guai giudiziari per Giuseppe Carmelo Pellicano, 32 anni, figlio di Giovanni, ritenuto dagli inquirenti affiliato alla cosca De Stefano-Tegano di Reggio Calabria. Stavolta dovrà difendersi dalle accuse della sue ex compagna che lo ha denunciato alla Guardia di finanza di Cittadella, in provincia di Padova. Nei suoi confronti il gip del Tribunale di Venezia ipotizza, tra l’altro, il reato di estorsione e violenza privata aggravato dalle modalità mafiose (LEGGI QUI). Il giovane imprenditore calabrese, originario di Reggio Calabria, aveva intrapreso con la donna una relazione sentimentale durante il suo soggiorno in Veneto.

La denuncia della ex compagna alla Finanza

La denuncia della ex compagna alla Finanza

L’attività trae origine proprio dalla denuncia sporta dalla donna, nel dicembre 2019, per presunti atti di violenza subiti dall’ex compagno, Giuseppe Carmelo Pellicano. In particolare, secondo quanto riportato nell’ordinanza, nell’ottobre del 2009, l’uomo avrebbe schiaffeggiato e infranto il vetro dell’auto all’interno della quale la sua ex si era rifugiata, poi l’avrebbe colpita con un pugno alla nuca lanciandole contro di tutto fino ad inseguirla con un coltello in mano; nel novembre del 2019 le avrebbe puntato la pistola contro e un mese dopo le avrebbe sbattuto la testa contro il portaoggetti dell’auto provocando la rottura del labbro. Secondo quanto riferito dalla stessa donna agli investigatori, Pellicano sarebbe arrivato a puntarle la pistola alla tempia minacciandola con frasi del tipo: “Se urli ti ammazzo… non ti sparo solo perché ti amo… so dove va a scuola tua figlia”. L’intento sarebbe stato quello di costringerla ad abbandonare e a non utilizzare più come residenza familiare l’abitazione di proprietà. Un comportamento che – secondo gli inquirenti – avrebbe procurato a Pellicano “un ingiusto profitto consistito nell’utilizzare l’immobile per sé e per altri”.

“Torno su come un missile e rado al suolo Padova e provincia”

Il tutto sarebbe aggravato dal metodo mafioso e cioè “nell’evocare il collegamento” con le cosche di ‘ndrangheta dei Tegano e Condello di Reggio Calabria ma anche “nell’ostentare in maniera evidente e provocatoria, una condotta idonea ad esercitare sulla parte offesa quella particolare coartazione e pressione psicologica propria delle organizzazioni mafiose con frasi tipo: ‘torni a casa in una busta di plastica… ti sgozzo come un maiale… torno su come un missile e rado al suolo Padova e provincia… tu sei mortaaaa…. tu eri già concime per le piante… giuro su mio padre che ti ammazzo a mani nude… stavolta ti sciolgo viva nell’acido… ti ammazzo come un cane … tanto io sono qua e lo sarò per parecchi… mi dispiace che non ti sono caduti i denti quel giorno… faccio una strage… sono solo la punta dell’iceberg, tu non sai cosa c’è sotto di me’“. Tra gli atti depositati dall’accusa anche un file audio e un video inviati da Pellicano alla sua ex compagna: “Non c’è ‘ndrangheta senza rispetto. Non c’è valore – si sente nella registrazione – senza onore. La grande famiglia è una famiglia onorata. Chi si sente degno resta, chi non si sente degno se ne va”. Nei messaggi Pellicano sosteneva di “avere occhi e orecchie dappertutto” riferendosi a contatti illeciti con le forze dell’Ordine che lo avrebbero avvisato di eventuali denunce. Atteggiamenti di natura mafiosa iniziati ad ottobre del 2019 e proseguiti fino a dicembre dello stesso anno con la denuncia della donna alla Guardia di Finanza. Da qui sono partite le indagini concluse con il provvedimento del gip che ha disposto la custodia cautelare in carcere per Pellicano: “Sussiste un concreto, attuale ed assai intenso pericolo di recidiva” anche per via della personalità dell’indagato e della sua “volontà di prevaricazione posta in essere con minacce e talvolta anche con condotte francamente violente”.

Il precedente giudiziario: assolto dalla Corte d’appello di Catanzaro

Il nome di Giuseppe Carmelo Pellicano è già noto alle cronache giudiziarie. Nell’ottobre dello scorso anno la Corte d’appello di Catanzaro lo aveva assolto dall’accusa di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti accogliendo le argomentazioni prospettate dai suoi due legali, gli avvocati Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino, che erano riusciti a ribaltare il verdetto emesso in primo grado dal Tribunale monocratico di Lamezia Terme. Giuseppe Carmelo Pellicano era finito nei guai il 28 novembre del 2020 quando, insieme al fratello Paolo, venne fermato dai militari della Guardia di finanza di Lamezia Terme in autostrada. Nel corso delle perquisizione all’interno della Mercedes condotta dal fratello i finanzieri trovarono 193 grammi di cocaina avvolta in un cellophane e quasi 28mila euro in contanti. Arrestati in flagranza di reato per detenzione e traffico di sostanze stupefacenti i due Pellicano finirono in carcere. Dinnanzi al Tribunale di Lamezia Terme, Paolo Pellicano si assumeva la responsabilità esclusiva di quanto avvenuto cercando di scagionare il fratello che all’epoca dei fatti si trovava in Calabria per un infortunio sul lavoro causato dalla frattura di un braccio. Nonostante ciò Giuseppe Carmelo Pellicano era stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione. Stessa pena per il fratello. In Appello però è stato completamente assolto perché il “fatto non sussiste”. La cocaina trovata all’interno della Mercedes non era sua.

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