Tifoso dell’Inter parte dalla Calabria con moglie e il figlio: “Allontanato con minacce dagli ultrà”

"Ho cercato di spiegare loro che ero arrivato dalla Calabria, ma non c'è stato nulla da fare. Siamo stati minacciati e abbiamo lasciato il settore"

L’Inter prende posizione con un comunicato ufficiale sulla reazione della Curva Nord in relazione alla notizia dell’uccisione dello storico capo Vittorio Boiocchi. In particolare gli episodi di violenza verbale e fisica nei confronti di quei tifosi costretti a svuotare tutti i settori del secondo anello verde in omaggio all’ultrà scomparso. “FC Internazionale Milano condanna con fermezza qualsiasi episodio di coercizione avvenuto sabato sera al secondo anello verde dello stadio di San Siro. Il Club che in ogni sede lotta contro ogni tipo di violenza, ribadisce i valori essenziali di fratellanza, inclusione e antidiscriminazione – ed esprime la sua totale solidarietà nei confronti di quei tifosi che sono stati costretti a rinunciare a ciò che tengono di più: l’amore e la passione per l’Inter. ll Club – che si adopera ogni anno per rafforzare il presidio di sicurezza e di sorveglianza all’interno dello stadio – ribadisce nuovamente la sua totale collaborazione con le Forze dell’Ordine per assicurare la tutela dei diritti dei propri tifosi”.

Tifoso calabrese partito dalla provincia di Cosenza

Tifoso calabrese partito dalla provincia di Cosenza

Tra i tifosi che hanno dovuto lasciare lo stadio c’era anche un tifoso calabrese, arrivato dalla provincia di Cosenza insieme alla moglie e al figlio di 14 anni. La testimonianza da Non è un paese per giovani condotto da Tommaso Labate e Massimo Cervelli su Rai Radio 2. Il tifoso cosentino si chiama Antonio: “Ero con mia moglie e mio figlio in curva – spiega Antonio – Siamo partiti dalla Calabria perché sono un grande tifoso interista. Quando è iniziata la partita la curva era in silenzio, ma noi non capivamo perché. Dopodiché tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo gli ultras ci hanno chiesto di uscire. Ho cercato di spiegare loro che ero arrivato dalla Calabria, ma non c’è stato nulla da fare. Siamo stati minacciati, si sono comportati in manera aggressiva. Alcuni hanno protestato, anche io l’ho fatto poi per tutelare mia moglie e mio figlio sono andato via. Sono andato in un altro settore, ma non ho visto praticamente nulla perché i posti erano tutti occupati”.

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