Nel maggio di cinque anni fa la sua cattura era stata salutata come un colpo durissimo sferrato agli assetti della ‘ndrangheta calabrese. All’epoca, Rocco Barbaro, alias “U Sparitu”, era nella lista dei latitanti più ricercati d’Italia. La sua cattura era stata idealmente dedicata alla memoria del brigadiere Antonio Marino, brigadiere di Platì, ucciso nel 1990 a Bovalino, in provi. Una dedica speciale perché il carabiniere era stato ucciso proprio da suo padre “Ciccio” Francesco Barbaro, il capostipite del ramo Castanu della cosca.
“Il capo dei capi”
“Il capo dei capi”
Ma, dal primo febbraio, il 56enne è di nuovo libero. È infatti parzialmente caduta, dopo il rinvio della Cassazione e l’appello bis, la condanna a 16 anni di carcere per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni rimediata a Milano per l’acquisto insieme al figlio, grazie all’utilizzo di un nipote come testa di legno, del bar “Vecchia Milano”. La vicenda risale al 2012 quando Barbaro lavorava a Buccinasco come gommista in affido ai servizi sociali dopo la scarcerazione. Per molti, come accertati dalle intercettazioni della Procura di Milano, era definito “il capo di tutti i capi”.
“U Sparitu” sarebbe – secondo la Dia lombarda – maggiore plenipotenziario della ‘ndrangheta in Lombardia. Tesi che non ha retto davanti alla suprema corte di Cassazione che ha rinviato ad un nuovo appello al processo, ha depennato l’accusa di associazione mafiosa e mantenuto solo quella per la fittizia intestazione del bene. Sarebbe anche stata contestata anche la sua effettiva partecipazione alle attività della cosca in Lombardia. Per tali motivi, Rocco Barbaro, ha visto riaprirsi le porte del carcere martedì. Lo stesso è attualmente sottoposto alla sorveglianza speciale. È tornato nella sua Platì, lo stesso paese nel cuore d’Aspromonte in cui era stato catturato l’8 maggio 2017 con un’operazione dei carabinieri di Reggio Calabria e Locri.