Torture nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, arrestato 37enne (VIDEO)

Un cittadino libico di 37 anni, Alhasaeri Wael Ghali Maosud, è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto dalla Squadra Mobile della Questura di Crotone con le accuse di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e concorso in tortura con altre persone in via di identificazione.

Il fermo, su disposizione della Dda di Catanzaro, è stato eseguito all’interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto (Kr) dove l’uomo si trovava dal novembre scorso in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Ma proprio all’interno della struttura è stato riconosciuto da un giovane somalo come uno dei torturatori di migranti che operava in una Safe house libica e per questo lo ha segnalato alle forze di polizia del campo. Il giovane ha spiegato che quell’uomo era conosciuto con il nome di ‘Peter il boss’ ed ha raccontato, con dovizia di particolari le torture subite: bastonate, sevizie, minacce di usare l’elettricità per ottenere soldi o per mantenere l’ordine in quello che in Libia era una sorta di carcere dove venivano trattenuti i migranti prima di farli imbarcare per l’Italia. Il fermo di indiziato di delitto si è reso necessario dal momento che il 37enne libico, vistosi scoperto, avrebbe promesso al somalo una somma di denaro per pagare il suo silenzio ma di fronte al diniego della vittima era passato alle minacce. Ma anche per scongiurare il pericolo di fuga: infatti, quando ieri sera i poliziotti della Mobile di Crotone sono arrivati al Cara per eseguire il fermo, il libico stava per lasciare il centro di accoglienza.

Il fermo, su disposizione della Dda di Catanzaro, è stato eseguito all’interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto (Kr) dove l’uomo si trovava dal novembre scorso in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Ma proprio all’interno della struttura è stato riconosciuto da un giovane somalo come uno dei torturatori di migranti che operava in una Safe house libica e per questo lo ha segnalato alle forze di polizia del campo. Il giovane ha spiegato che quell’uomo era conosciuto con il nome di ‘Peter il boss’ ed ha raccontato, con dovizia di particolari le torture subite: bastonate, sevizie, minacce di usare l’elettricità per ottenere soldi o per mantenere l’ordine in quello che in Libia era una sorta di carcere dove venivano trattenuti i migranti prima di farli imbarcare per l’Italia. Il fermo di indiziato di delitto si è reso necessario dal momento che il 37enne libico, vistosi scoperto, avrebbe promesso al somalo una somma di denaro per pagare il suo silenzio ma di fronte al diniego della vittima era passato alle minacce. Ma anche per scongiurare il pericolo di fuga: infatti, quando ieri sera i poliziotti della Mobile di Crotone sono arrivati al Cara per eseguire il fermo, il libico stava per lasciare il centro di accoglienza.

Redazione Calabria 7

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