Traffico di droga e arsenale di armi a Lamezia, dieci condanne e un’assoluzione (NOMI)

Pene pesanti sono state inflitte dal gup del Tribunale di Catanzaro ai presunti gestori dell'organizzazione
lite stranieri

Dieci condanne a pene comprese tra i 17 e i 3 anni di reclusione e una sola assoluzione sono  state sentenziate dal gup Giuseppe De Salvatore per gli undici imputati, giudicati con rito abbreviato, coinvolti nel business della droga con base operativa a Lamezia Terme e luoghi di approvvigionamento nel Vibonese (Mileto) e nel Reggino (Gioia Tauro), nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato a febbraio dello scorso anno gli uomini della Squadra mobile di Catanzaro, diretti dal dirigente Fabio Catalano, di concerto con i colleghi del commissariato di Lamezia, ad eseguire un’ordinanza di misura cautelare vergata dal gip Barbara Saccà nei confronti di 23 indagati (LEGGI), accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, diverse ipotesi di cessione di sostanza stupefacenti e detenzione illegali di armi. Le pene più alte sono state disposte nei confronti di coloro i quali la Direzione distrettuale antimafia considera i gestori dell’organizzazione. Si tratta di  Antonio Pagliuso e Domenico Gian Luigi Bonali.

Le condanne

Le condanne

 Il gup ha condannato Luca Berlingieri, di Lamezia, a 4 anni, 20giorni di reclusione e 20mila euro di multa; Domenico Gian Luigi Bonali, di Cremona, a 17 anni di reclusione; Simone Bonali, di Lamezia, a 9 anni e 20 giorni di reclusione; Caterina Butruce, di Lamezia, a 4 anni e 20mila euro di multa; Angela Franceschi, di Lamezia, a 4 anni, 8 mesi di reclusione e 20mila euro;  Gino Gatto alias ‘Ginuzzu’ di Lamezia, a 3 anni e 3mila euro di multa; Pietro Grande alias ‘u Iurillu’ di Nicastro, a 4 anni e 20mila euro di multa; Antonio Pagliuso, di Lamezia, a 17 anni, 9 mesi e 20 giorni di reclusione; Alberto Maria Scaramuzzino, di Lamezia, a 5 anni e 22mila euro di multa; Angelo Villella alias ‘Angeluzzu’, di Lamezia Terme a 6 anni e 11 mesi di reclusione.

 L’unica assoluzione è stata sentenziata nei confronti di Luca Strangis alias ‘Pilichei’ di Lamezia.  Per altri 77 imputati, che hanno optato per l’ordinaria udienza preliminare è in corso il processo dibattimentale (LEGGI). 

 I capi del sodalizio

Un sodalizio, secondo le ipotesi accusatorie, gestito da Antonio Pagliuso e Domenico Gian Luigi Bonali, i cui “capi e partecipi”, come Maurizio Mazza erano erroneamente convinti di non avere microspie alle calcagna. Conversazioni intercettate, in cui espressamente si parla, di “grammi”, di “chili”, di “roba”, di hashish, marijuana, cocaina, eroina ed altre droghe, molte volte smistate all’interno di una magazzino in via Torre a Lamezia, roccaforte per nascondere e  raffinare la droga. In un dialogo intercettato dalla Polizia e durato oltre un’ora, Domenico Gian Luigi Bonali e Marco Antonio Cerra, sono intenti a confezionare “qualcosa”, commentando che le dimensioni delle dosi da ricavare devono essere piccole e non “troppo grandi”. E che si trattasse di cocaina lo si evincerebbe dalla prosecuzione della conversazione, nel corso della quale, Cerra chiede a Bonali “Minchia, si sente, no?” ottenendo come risposta “Eh … una botta”. I due, nel preparare le dosi, fanno riferimento all’aggiunta di qualcosa: “Ci metti la cosa là”. Un’affermazione questa, secondo gli inquirenti, che si coniuga con le caratteristiche della preparazione della cocaina che viene solitamente “tagliata” con altri medicinali per implementare il numero delle dosi ricavabili. Il 9 febbraio 2018, sempre nello stesso magazzino, luogo di incontro del sodalizio, vengono captate una serie di conversazioni telefoniche ed ambientali dalle quali emerge come Antonio Pagliuso sollecitasse Pasquale Gigliotti ad incontrarsi per definire una “vicenda”, nella quale quest’ultimo avrebbe ceduto due dosi di droga al prezzo di 90 euro. Il dialogo captato prosegue consentendo di risalire alla cessione di 2,5 grammi di cocaina fatta da Gigliotti a Pagliuso suo abituale fornitore, al prezzo di 150 euro. Ma sono tante le cessioni di droga documentate nel provvedimento del gip con relativo prezzo: da un chilo di marijuana per un profitto di 1.800 euro a 39 grammi di cocaina per un guadagno di 2.730 euro a 100 grammi di cocaina venduta ricavandone 9mila euro. Ma le carte non certificano solo fiumi di droga.

Kalashnikov e bombe da utilizzare in caso di necessità

Dalle intercettazioni emerge come alcuni di loro avessero a disposizione armi da fuoco, da guerra e relative munizioni. L’11 aprile del 2018, Antonio Pagliuso ed Antonio Cerra, mentre si trovavano a bordo di una Fiat Panda, discutono di alcune armi e del fatto che Pagliuso ne aveva visto “una nuova”. Più o meno come la nostra è…, non mi ricordo il modello che ce l’ho segnato!” E Cerra chiedeva : “una trentaquattro?”. Ricevendo come risposta : “una sei e trentacinque”. Dopo circa un mese, sempre in una conversazione spiata in auto, Antonio Cerra, si vanta della sua leadership nella vendita delle armi: “questi qua li paghiamo una cazzata hai capito? Ti sto parlando chiaro, il miglior prezzo che ho io non ce l’ha nessuno in tutta la zona, ma no a chiacchiere per davvero” e discute dell’acquisto di un revolver calibro 38 con canna da 3 pollici, mentre Antonio Pagliuso asserisce di essere stato in possesso di un revolver Smith & Wesson calibro 38. E l’11 luglio 2018, quest’ultimo chiede a Domenico Gian Luigi Bonali di andargli a nascondere la pistola in casa, temendo di essere scoperto, essendoci numerosi controlli da parte delle Forze dell’Ordine. Il giorno successivo, consapevoli dei rischi che corrono in caso di controlli di polizia, i sodali, in base al provvedimento, cercano di individuare il modo migliore per evitare che le armi possedute venissero scoperte. E’ lo stesso Antonio Pagliuso, a descrivere il proprio arsenale ai suoi accoliti “a me non mi manca niente”, un arsenale composto da numerose armi, anche di grosso calibro, come kalashnikov, fucili a pompa e fucili calibro 20, oltre che un ordigno esplosivo, del peso di 64 chilogrammi, che non avrebbe esitato ad utilizzare in caso di necessità.

Il collegio difensivo

Sono impegnati tanto nel processo con rito ordinario che nell’abbreviato, tra gli altri, gli avvocati Teresa Bilotta, Antonio Larussa, Francesco Gambardella, Giusy Caliò, Aldo Ferraro, Giuseppe Gervasi, Leopoldo Marchese, Alessandra Marchese Teresa Bilotta, Mary Aiello, Enzo Galeota, Armando Chirumbolo, Salvatore Cerra, Renzo Andricciola, Lucio Canzoniere e Mario Murone.

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