L’inchiesta della Dda di Milano sulla Schenker Italiana (colosso tedesco della logistica e dei trasporti con settantamila dipendenti e oltre duemila sedi nel mondo), che ha portato all’amministrazione giudiziaria per 9 mesi, è nata dal sequestro nel marzo 2020 di un carico di 30 chili di cocaina effettuato dalla polizia di frontiera inglese al porto di Dover. È quanto emerge dal provvedimento emesso dalla sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano.
Le indagini
Le indagini
Dagli immediati approfondimenti della Guardia di Finanza di Milano e dei carabinieri di Como è emerso che il carico di droga era stato nascosto tra cinque bancali di prodotti caseari che erano portati due giorni prima nello stabilimento di Guanzate della Schenker dalla Fiuto Autotrasporti, la ditta “amministrata di fatto” da Nicola Bevilacqua, pregiudicato di 70 anni per associazione di stampo mafiosa ed estorsione in quanto affiliato alla ‘ndrina Mancuso di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia.
Il camion con la cocaina
Nel camion sequestrato a Dover c’erano pure «cinque bancali di prodotti caseari che la Fiuto Autotrasporti», azienda riconducile al presunto boss e intestata a sua moglie Anna Fiuto, “aveva prelevato il giorno prima, per conto di Schenker, da un’azienda in provincia di Piacenza e portato a Guanzate per l’esportazione in Inghilterra”. Tramite quell’azienda intestata alla moglie di Bevilacqua, indagato per intestazione fittizia di beni, si sarebbe infiltrata nei subappalti di trasporto di Schenker Italiana (non indagata). Parlano di una “condotta quanto meno gravemente negligente, per omesso controllo” da parte di alcuni dirigenti di Schenker Italy i giudici della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano nel provvedimento con cui oggi hanno posto in amministrazione giudiziaria la costola italiana del colosso mondiale della logistica integrata ora di proprietà delle ferrovie tedesche Deutsche Bahn.
I rapporti con il pregiudicato vicino al clan Mancuso
Come si legge nel provvedimento dei giudici Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita, gli “esponenti della società muniti di potere decisionale hanno intessuto e mantenuto stabili rapporti d’affari con Nicola Bevilacqua, agevolandone l’attività, benché questi sia stato condannato irrevocabilmente per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso” e “sia stato – prosegue il decreto – sottoposto a misure di prevenzione personali (…) e patrimoniali” e pure “dichiarato delinquente abituale e sottoposto alla libertà vigilata dal 2008”. Bevilacqua, 70 anni, è indagato dai pm di Milano per intestazione fittizia dell’impresa di autotrasporti alla convivente Anna Fiuto. impresa aperta immediatamente dopo la confisca dell’azienda di cui era titolare a causa dei procedimenti penali e che avrebbe gestito di fatto ottenendo lavori in subappalto da Schenker Italy. Quest’ultima, pur non essendo indagata, come non lo sono nemmeno i suoi dipendenti, si è vista commissariare ossia, per dirla in modo tecnico affiancare un amministratore giudiziario per la “rimozione dei fattori inquinanti” e la “bonifica dei contesti inquinati, previa analisi” di tutte le sedi italiane “per verificare se esistano altre forme di infiltrazione”.
Le intercettazioni
“Anche in Schenker, volevano mandare via tutti! E prendersi tutti i posti loro!”. Così intercettato nell’ottobre del 2020 il cognato di Nicola Bevilacqua, presunto boss della ‘ndrangheta, parlava del parente, marito di sua sorella, e del suo “proposito”, come riassumono i giudici di Milano, di imporsi all’interno di Schenker Italiana, assieme al “figlio Giuseppe”, e “acquisire quante più attività aziendali possibile”. Lo si legge nel decreto che ha portato in amministrazione giudiziaria la filiale italiana del gruppo tedesco, colosso della logistica e dei trasporti. L’obiettivo del presunto boss, si legge ancora, era “spinto a livelli tali da essere ormai noto nel settore dell’autotrasporto e da determinare la cattiva fama acquisita dalla ditta di Anna Fiuto”, la moglie di Bevilacqua e presunta testa di legno. Azienda quest’ultima che sarebbe stata il braccio operativo del 70enne, il quale nei rapporti con Schenker, scrivono ancora i giudici, replica lo schema operativo che anni prima aveva assicurato l’assoggettamento omertoso al clan Mancuso degli autotrasportatori operanti nel Vibonese e nel Lamentino, ossia “quello di “mandare via tutti e prendersi tutti i posti”” anche con “attività estorsive”. Estorsioni per le quali è già stato condannato in via definitiva, così come per associazione mafiosa. Ansa