I carabinieri del Reparto Tutela Agroalimentare di Messina hanno eseguito un’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Palmi su richiesta della Procura Europea – Ufficio dei Procuratori Europei delegati per Sicilia e Calabria – con la quale è stato disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di denaro e beni immobili per 163mila euro, profitto di reato, nei confronti di due coniugi residenti nel Reggino. Disposto anche il sequestro di 39 titoli di pagamento di origine delittuosa, di norma assegnati dall’AGEA agli aventi diritto in base agli ettari di terreno agricolo dichiarati in conduzione.
Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dai pm della Procura Europea, gli indagati avrebbero commesso reiterate condotte illecite volte al conseguimento di erogazioni pubbliche nel settore degli aiuti alle imprese agricole, concessi nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC). Il provvedimento scaturisce dalle investigazioni svolte dal Reparto carabinieri Tutela Agroalimcntarc di Messina, competente per le regioni Sicilia e Calabria, che hanno permesso di accertare la truffa aggravata finalizzata a conseguire fraudolentemente sia i “Titoli di Pagamento” sia ingenti contributi pubblici destinati al settore agricolo ed erogati dall’ARCEA (Agenzia della Regione Calabria per le erogazioni in agricoltura).
Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dai pm della Procura Europea, gli indagati avrebbero commesso reiterate condotte illecite volte al conseguimento di erogazioni pubbliche nel settore degli aiuti alle imprese agricole, concessi nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC). Il provvedimento scaturisce dalle investigazioni svolte dal Reparto carabinieri Tutela Agroalimcntarc di Messina, competente per le regioni Sicilia e Calabria, che hanno permesso di accertare la truffa aggravata finalizzata a conseguire fraudolentemente sia i “Titoli di Pagamento” sia ingenti contributi pubblici destinati al settore agricolo ed erogati dall’ARCEA (Agenzia della Regione Calabria per le erogazioni in agricoltura).
La truffa, secondo l’accusa, è stata perpetrata dai due coniugi dichiarando in conduzione fondi agricoli di cui non avevano alcuna legittima disponibilità poiché i relativi contratti di acquisto con patto di riservato dominio stipulati con l’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) erano stati successivamente risolti, uno per morosità dell’acquirente e l’altro a seguito dell’emissione dell’interdittiva antimafia nei confronti del contraente.