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Truffe, false fatture e mazzette: il collaboratore di giustizia Aloe svela gli affari del clan Farao

Emergono nuovi particolari sull'impero della cosca Farao-Marincola di Cirò nei verbali di interrogatorio depositati dalla Dda di Catanzaro
Gaetano Aloe pentito

Dalle collusioni tra ‘ndrangheta e politica (LEGGI) all’impero dei Farao- Marincola costruito attraverso truffe, false fatturazioni e mazzette. Continua il collaboratore di giustizia Gaetano Aloe, 45nne, di Cirò Marina, figlio del capobastone Nik Aloe assassinato nel 1987, a parlare alla Dda di Catanzaro di boss, sodali e affiliati della ‘ndrangheta del Cirotano descrivendone ruoli e funzioni. Nel verbale di interrogatorio del 10 maggio scorso finito agli atti del processo di appello Stige che si sta celebrando con rito ordinario, il pentito dichiara di conoscere Fabrizio Anania da tempo fidanzato con la figlia di Gino Fiore, compare di Pino Sestito e Cataldo Marincola, sottolineando che Anania è in società nella sala giochi Snai ubicata a Cirò Marina, con Salvatore Morrone detto “u biondo”, Vittorio Farao, figlio di Silvio e Ciccio Castellano, che hanno investito intestando la stessa sala giochi a lui e ai suoi familiari. “Questi fatti posso confermarli personalmente per aver parlato più volte con loro e con Fabrizio in carcere. Del resto il figlio di Salvatore Morrone, Francesco era sempre nella sala giochi”.

Gli affari della ‘ndrangheta di Cirò in Germania

Gli affari della ‘ndrangheta di Cirò in Germania

Definisce Fabrizio Anania un non battezzato, comunque a disposizione della cosca e capace anche di commettere atti violenti, mentre, a suo dire, Vincenzo Barbieri è il referente della cosca cirotana in Germania, un uomo di onore da diverso tempo, il punto di riferimento di tutti gli accoscati cirotani che vanno in Germania a commettere illeciti, colui che ha anche favorito la latitanza di Cataldo Marincola in Germania. “Il suo gruppo è composto da Giuseppe Bruno, detto “a naina”, Pierino Vasamì, Peppe a cuniglia, Peppe Secreto, Cenzo Mancuso e i fratelli di Barbieri”, facendo i nomi degli esponenti cirotani in Germania: Roberto Amantea, fratello di Ciccio, molto attivo nel campo dello smercio del narcotico, Francesco Basta e Mimmo Aletta che attualmente è tornato a Cirò e lavora in Comune”.

I villaggi turistici nella mani della famiglia Farao

Alle domande del sostituto procuratore antimafia Domenico Guarascio sulla figura di Mario Lavorato, il collaboratore chiarisce che lui vive in Germania, possiede diversi ristoranti e un villaggio anche in Calabria, a Mandatoriccio. Attività queste sviluppate in società con la famiglia di Giuseppe Farao, beneficiandone come se fossero i proprietari. “Questo mi consta personalmente in quanto una volta siamo andati a Stoccarda da Mario io, Cenzo Farao figlio di Giuseppe e mio cognato Peppe Spagnolo e Cenzo lì si comportava come se fosse il proprietario dei beni di Lavorato. Si è preso una Passat grigia senza pagare e ha fatto avere a mio cognato Peppe una Polo azzurra. Lo zio di Cenzo Farao insieme a Lavorato hanno acquistato un ristorante enorme in Germania e chiaramente l’ hanno fatto con i soldi di Giuseppe Farao. Quado dico acquistare, voglio dirvi che non so specificarvi bene le modalità contrattuali e tecniche dell’acquisto, ma sono di fatto in società. Stessa cosa per quanto riguarda il villaggio che Mario gestisce a Mandatoriccio”. Secondo quanto riferito agli inquirenti da Aloe anche questo villaggio è di proprietà dei Farao “e del resto Lavorato non avrebbe mai potuto espandersi commercialmente senza l’aiuto della cosca. Lavorato ha un rapporto con i Farao simile a quello che ha Nicola Flotta. Anche lì “Castello Flotta” è come se fosse proprietà dei Farao e Nicola Flotta consegna annualmente non meno di 20mila euro a Giuseppe Farao”. Il pentito né ha per tutti e descrive le mansioni di Mario Campiso, colui che è dedito alle truffe, operando su Perugia e anche in Germania, legato a Pino Sestito e al cognato di Aloe, Peppe Spagnolo, “ogni cosa che fa ne rende conto e porta i proventi a Cirò. Ultimamente in Germania vendeva prodotti alimentari e il vino di Peppe Spagnolo e Pino Sestito. Dovevo anche incontrarlo in Germania ma poi siamo stati arrestati”.  Poi fa il nome del prestanome  di Salvatore Morrone, Dino Carluccio, parlando dell’apertura della loro agenzia funebre sbaragliando la concorrenza con le minacce ed impedendo ad altri di lavorare. 

La lavanderia ampliata grazie alle truffe

Aloe riferisce alla Dda gli affari di Giuseppe Farao, figlio di Silvio, esponente di rilievo della famiglia Farao. Lui ha aperto una lavanderia ampliata nel giro di un anno attraverso la capacità di annientare la concorrenza ed imporre anche servizi ai villaggi turistici come “Le Ginestre”. “Vi posso dare informazioni su come Giuseppe Farao detto Peppone è riuscito ad ingrandire la sua lavanderia che prima era piccola. In quel periodo 2008-2010 io praticavo diverse truffe con la mia fabbrica di riciclo e produzione di materiale plastico. Queste truffe le facevo in accordo con Pino Sestito . Ricordo che un giorno venne a trovarmi Giuseppe Farao e mi chiese se potevamo fare una truffa insieme, servente la sua azienda, ho comprato materiale a attrezzature per lavanderia industriale da una società di Perugia, materiale tutto non pagato che abbiamo ceduto fittiziamente a Francesco Brunetti. Con questo materiale Giuseppe Farao ha ingrandito la sua lavanderia e ha preso il capannone”.  Lavanderia inizialmente intestata ad un ragazzo e al politico Giuseppe Berardi. Con il nome dei Farao, Peppone avrebbe fatto fuori la concorrenza.

“Ogni anno 50mila euro alla cosca Farao”

Aloe parla della sua fabbrica di riciclo di buste di plastiche intestata in seguito al fratello. “Con questa azienda avevo fatto alcune truffe, ho sempre portato anche soldi a mio cognato Peppe Spagnolo, anche se lui non ha mai avuto una gestione diretta o indiretta in fabbrica. Essendo un’attività produttiva io a titolo di rispetto e di solidarietà tra di noi gli regalavo del denaro”. E Franco Gigliotti? Un imprenditore che si è associato alla famiglia di Giuseppe Farao e che ha fatto soldi con truffe e false fatturazioni “so che ogni anno paga una somma alla cosca non inferiore a 50mila euro. Quando ha fiutato l’affare del riciclo della plastica, Gigliotti si è proposto a mio cognato Peppe Spagnolo, regalandogli orologi e altre utilità, mentre Salvatore Pappaianni è un accoscato  di rilievo della locale di ‘ndrangheta di Cirò attivo nel mondo della droga, spacciando anche a Perugia”. 

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