Con l’estate che tra un paio di mesi inizierà il proprio percorso che la porterà fino a settembre, il settore del Turismo, maggiore risorsa della Calabria, e in particolare del Vibonese che può vantare almeno tre delle più importanti mete della regione (Tropea, Pizzo e Capo Vaticano), si sta organizzando per non farsi trovare impreparato, anche perché la proiezione rispetto alle ultime due stagioni è potenzialmente migliore, soprattutto vista la fine dello stato di emergenza e quindi delle varie limitazioni. I problemi, semmai, per gli operatori turistici sono sempre gli stessi, che la sezione turismo di Confindustria denuncia da anni, senza tuttavia vedere cambiamenti. Ad analizzare nel dettaglio la situazione è il presidente provinciale Gianfranco Comito, profondo conoscitore delle dinamiche turistiche del territorio.
Presidente Comito, questa ripresa c’è?
Presidente Comito, questa ripresa c’è?
“Guardi, la risposta alla sua domanda non può essere semplice, perché ormai l’assenza di flussi turistici stranieri consolidati e programmati in passato di fatto induce ogni struttura ricettiva a vivere una storia a sé”.
Sta pesando il conflitto in Ucraina?
“Guardi, francamente le presenze turistiche russe o ucraine nel territorio non sono così elevate come si possa pensare. Certo, la guerra le limiterà maggiormente. La fetta di mercato non era rilevante. Negli anni del Covid, poi, abbiamo avuto, ma questo era ovvio, una stragrande prevalenza di turisti italiani che ci ha consentito di lavorare. Pochissimi gli stranieri rispetto al passato”.
Il trend però dovrebbe essere in crescita per questa estate?
“Mi auguro di sì, certamente i tour operator hanno la situazione più chiara, per quanto mi consta, tuttavia, non ci sono ancora molte richieste. Ma è anche vero che siamo ancora ad aprile e magari molti prenotano verso maggio-giugno, anche perché se è vero che è finito lo stato di emergenza, è altrettanto vero che i contagi da Covid-19 sono ancora elevati e quindi è normale essere prudenti. Ad esempio, le prenotazioni dal mercato esterno si effettuavano l’autunno precedente. Questo oggi non esiste più”.
Insomma, la situazione è fluida, indecifrabile sotto questo punto di vista. Lo è anche per la ricerca degli stagionali?
“Decisamente, ed anzi col passare degli anni si fa sempre più grave. Tanti operatori turistici stanno lamentando proprio questa difficoltà, sia per figure quali bagnini o guardiani che quelle specializzate. E quelle poche che si danno disponibilità avanzano pretese sinceramente esose rispetto alle mansioni assegnate”.
Sotto questo punto di vista ci sono due scuole di pensiero: la presenza del Reddito di cittadinanza che consente di rinunciare, seppur per un numero esiguo ad un impiego che si può considerare sottopagato, e poi proprio la presenza di quest’ultimo aspetto: vale a dire emolumenti ridotti e magari parte di essi anche in nero: sulla busta paga c’è una cifra ma in mano il lavoratore ne ha una inferiore. È un dato di fatto perché è già successo. Lei cosa ne pensa?
“Guardi, mi sento di escludere questa seconda ipotesi perché adesso i controlli suoi luoghi di lavoro sono, finalmente, così assidui e specifici che attuare una manovra del genere espone l’imprenditore a un rischio pecuniario elevato, oltre ad essere un reato penale. Personalmente tale rischio io non lo correrei di certo”.
Quindi, a suo giudizio, ha pesato di più il Reddito di cittadinanza?
“Ma senza dubbio. Le faccio un esempio: per la pulizia delle camere di solito si impiegano figure per un tempo di quattro-cinque ore giornaliere, ovviamente con i turni settimanali ma la paga non è quella piena prevista dal Reddito di cittadinanza (che si attesta su circa 800 euro, ndr) e quindi è naturale che non convenga”.
E allora, presidente, come se ne esce?
“Se ne esce solo facendo in modo che il Reddito di cittadinanza sia solo una misura di sostegno temporanea per chi non ha un impiego. È chiaro che ci serve implementare meglio il sistema di immissione nel mondo del lavoro ma è altrettanto vero che ci sono moltissimi casi in cui la gente ci ha “marciato” su. È qui che il meccanismo si è bloccato, perché è impossibile non riuscire a trovare più manodopera”.
Lei come crede che sarà la qualità del mare questa estate?
“Intanto, come categoria, accogliamo con favore il lavoro che stanno svolgendo le Procure di Vibo e Lamezia col supporto delle forze dell’ordine. Pure noi ci stiamo muovendo in tal senso, con una serie di incontri istituzionali, auspichiamo anche con lo stesso procuratore Falvo, per consegnare il documento di Confindustria Vibo, recepito da Unindustria Calabria, in cui sono segnalate le criticità sulle quali intervenire e le soluzioni dal punto di vista della nostra categoria. E sono cose fattibili perché possiamo attingere dai fondi del Pnrr. Ma è chiaro che serve una sinergia tra enti a vari livelli, dai Comuni alla Regione altrimenti non si va da alcuna parte”.
Ma alla Calabria cosa manca per essere una meta per i vacanzieri al pari di altre regioni che magari non hanno le nostre bellezze paesaggistiche?
“Partiamo da un dato di fatto: attualmente non siamo una destinazione turistica di primo livello, al pari di Puglia, Sicilia, Sardegna, Veneto e Romagna. Ogni anno perdiamo fette di mercato e questo perché la gente che viene resta a bocca aperta due volte: la prima in positivo per l’unicità dei paesaggi, la seconda in negativo per le condizioni pessime delle vie di comunicazione, della presenza di rifiuti e della carenza di servizi. Ad esempio, noi vorremmo inserire nel documento che stiamo redigendo la possibilità di coinvolgere maggiormente l’entroterra ma l’assenza di collegamenti rappresenta uno scoglio difficile da superare. E allora, sono questi alcuni dei punti cardine sui quali intervenire per migliorare la nostra offerta e, al riguardo, i fondi del Pnrr ci possono aiutare anche perché sono l’ultimo treno per farlo. Vogliamo perderlo? Mi auguro di no”. (f. p.)