di Mimmo Famularo – E’ stato ucciso per un debito di circa venti euro, a seguito di una discussione per futili motivi sfociata in qualcosa di più serio e finita nel sangue. Un colpo di fucile alla testa fatale per Francesco Palmieri, il giovane di 27 anni, ammazzato in pieno lockdown l’uno aprile del 2020 in un vicolo del centro abitato di Paravati, la frazione di Mileto famosa per Natuzza. Il gup del Tribunale di Vibo Valentia Francesca Del Vecchio ha condannato a otto anni e due mesi di reclusione il cugino della vittima, Nicola Polito, 34 anni (difeso dall’avvocato Salvatore Sorbilli) che aveva chiesto e ottenuto di essere processato con il rito abbreviato. Nei suoi confronti il procuratore di Vibo Camillo Falvo, presente in aula nelle vesti di pm, aveva chiesto al termine della sue requisitoria una condanna più pesante a 10 anni e 2 mesi di reclusione. I familiari di Francesco Palmieri, rappresentati dagli avvocati Antonio Porcelli e Giuseppe Monteleone, si sono costituiti parte civile e il giudice ha condannato Polito a pagare una provvisionale di 50mila euro oltre alla refusione delle spese di giudizio. Contestualmente è stato rinviato a giudizio Pasquale Evolo, di 53 anni, anche lui di Paravati. Secondo quanto emerso nel corso dell’udienza camerale le tracce biologiche trovate grilletto del fucile dal quale è partito il colpo fatale sarebbero di Evolo. Per lui il processo inizierà dinnanzi al Tribunale di Vibo il prossimo 27 ottobre. I due imputati sono accusati di cooperazione nel delitto colposo, morte come conseguenza di altro delitto e omicidio colposo. Il solo Polito era accusato anche di detenzione e porto illegale di arma da sparo clandestina e detenzione ai fini di spaccio di oltre 163 grammi di hashish.
L’arma del delitto e le tracce del Dna
L’arma del delitto e le tracce del Dna
Le indagini, condotte dal sostituto procuratore Concettina Iannazzo con la supervisione del procuratore Camillo Falvo, hanno subito portato i carabinieri sulle tracce di Nicola Polito, fermato in seguito al ritrovamento in un magazzino nella sua disponibilità di un fucile calibro 12 con matricola punzonata che si trovava nascosto sotto un divano. Oltre all’arma, compatibile con quella utilizzata per commettere il delitto, i carabinieri hanno scovato anche 27 cartucce compatibili con il bossolo rinvenuto sulla scena del crimine e un panetto di hashish. Gli accertamenti tecnici eseguiti dal Ris di Messina hanno confermato le ipotesi investigative rafforzando la tesi degli inquirenti. Sul luogo dell’omicidio, oltre a Polito, ci sarebbe stato anche Pasquale Evolo. La conferma è arrivata dai profili genetici riconducibili ai due imputati isolati dal fucile analizzato dagli specialisti del Ris.
La ricostruzione dell’omicidio e il movente
Alla base del delitto ci sarebbe un regolamento di conti per ragioni di droga. Un debito di poche decine di euro, non più di venti. Polito si sarebbe presentato sul luogo dell’appuntamento armato di fucile per ottenere – a tutti i costi – la ragione sulla contesa. La lite sarebbe però degenerata in un’accesa discussione e quindi in una vera e propria colluttazione. Evolo avrebbe infatti assalito Polito per disarmare il contendente e strappare l’arma senza tuttavia riuscire nell’intento. Proprio in questi drammatici frangenti è partito il colpo che ha attinto Palmieri alla nuca determinando il decesso del ragazzo che stava assistendo inerme alla bagarre tra il cugino ed Evolo. Ad allertare i soccorsi sarebbe stato lo stesso Polito e Palmieri, agonizzante, è stato trasportato al Pronto soccorso dell’ospedale di Vibo dove tuttavia è giunto cadavere. Fatale quel colpo di fucile partito per sbaglio al culmine di una lite scoppiata per un debito di pochi euro. A Vibo si muore anche così.
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