Ucraina, l’analisi di Coldiretti: “Aumenti record per l’olio di semi di girasole: +66%”

Si tratta del prodotto alimentare che ha fatto registrare in Italia il maggior incremento dei prezzi
olio di semi di girasole

Con l’aumento record del 66% l’olio di semi di girasole è il prodotto alimentare che ha fatto registrare in Italia il maggior incremento dei prezzi proprio a causa del blocco navale dall’Ucraina da dove è arrivato quasi la metà (46%) delle importazioni nazionali per un totale di ben 260 milioni di chili, lo scorso anno. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat in riferimento alla partenza da Odessa del primo carico di 6mila tonnellate di olio di semi di girasole destinate all’Italia.

Prodotto introvabile in Italia

Prodotto introvabile in Italia

“La mancanza di olio di girasole si è fatta sentire in Italia dove – sottolinea la Coldiretti – è risultato introvabile sugli scaffali dei supermercati e numerose catene che sono state costrette a razionare le vendite mentre molte industrie alimentari hanno dovuto modificare le ricette dei proprio prodotti. Oltre che tal quale per le fritture, l’olio di girasole – continua la Coldiretti – viene impiegato infatti dall’industria alimentare per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili e la ripresa delle forniture può significare risparmi economici per le imprese costrette a rifornirsi con prodotti alternativi più costosi.

Gli aumenti in Italia

La ripresa delle spedizioni è dunque destinata ad avere effetti anche sull’inflazione con i prezzi dei prodotti alimentari che sono aumentati in media del 9,6% a luglio, trainati proprio dagli oli di semi di girasole (+66%), dal burro (+31,9%) e dalla farina (+21,5%) che salgono sul podio dei prodotti maggiormente rincarati, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat”.

Dalla ripartenza delle navi di cereali dell’Ucraina dipende l’arrivo in Italia di quasi 1,2 miliardi di chilli di mais per l’alimentazione animale per latte e carne, grano tenero e olio di girasole. L’Ucraina infatti con una quota di poco superiore al 13% per un totale di 785 milioni di chili è – continua la Coldiretti – il secondo fornitore di mais dell’Italia che è costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali nelle stalle.

Registrati forti rincari

Il blocco delle forniture dall’Ucraina ha determinato preoccupazioni per gli approvvigionamenti ma anche forti rincari in una situazione in cui i costi di produzione nelle stalle italiane sono cresciuti del 57% secondo il Crea mettendo in ginocchio gli allevatori nazionali. L’Ucraina – precisa la Coldiretti – garantisce invece appena il 3% dell’import nazionale di grano (122 milioni di chili).

Italia costretta a importare

“L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali” conclude Prandini. (ANSA)

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