di Danilo Colacino – Ore 14.10 di ieri, il patron dell’Uesse Floriano Noto si traveste da Josè Mourinho e, pur senza invadenze nei confronti dell’area tecnica, osserva attentamente la preparazione pregara dei suoi ragazzi con accanto il vicepresidente Nicola Santacroce, stazionando fra le due panchine lungo la linea laterale. Non pare esserci tensione, malgrado le tre sconfitte consecutive il segno lo abbiano lasciato e un po’ di entusiasmo lo abbiano spento, ma se il numero uno delle Aquile – il quale non è di certo incline a farlo spesso – dà il cinque a tutti i calciatori che guadagnano gli spogliatoi in attesa di rientrare a breve in campo per i ‘90’ ufficiali’, un motivo ci dovrà pur essere. Serve insomma energia positiva e il segnale di una società forte, compatta, che non vive certo sull’onda emozionale di un ‘pugno’ di risultati, però neppure sottovaluta segnali di cedimento – seppur momentaneo – palesati dalla squadra.
L’inizio del match e la sua ‘strana’ evoluzione.
L’inizio del match e la sua ‘strana’ evoluzione.
Consegnato il gagliardetto della Sicula Leonzio al team manager Lino Gallo da capitan Mattia Maita, è iniziato l’incontro diretto da Davide Curti (figlio dell’attuale vice del giovanissimo Pietro Lattanzi, di nome Alberto, già storico presidente della sezione di Milano, che negli anni ’90 e Duemila venne un paio di volte in visita alla sezione Aia di Catanzaro con l’allora Gotha dell’Associazione). Lo stesso fischietto meneghino – una volta tanto – esecrato dagli avversari delle Aquile e non dal pubblico del Ceravolo per presunti gravi torti inflitti ai leontini, che in sala stampa a fine partita hanno schiumato rabbia gridando allo scandalo per bocca del loro diesse Davide Mignemi. Questione su cui si può riconoscere soltanto che l’espulsione dell’arcigno, ma nell’occasione ingenuo, difensore Aquilanti in avvio di ripresa ha per così dire ‘stappato’ una partita fin lì complicata e molto insidiosa per i giallorossi. Un’Auteri-band che da quel momento in avanti ha invece fatto ‘strame’ dei rivali, macinando gioco come nei momenti migliori.
La filippica di mister Gaetano Auteri davanti a telecamere e taccuini degli operatori dell’informazione.
Un vecchio modo di dire catanzarese, che italianizziamo per ovvi motivi, recita più o meno così: “Parla poco, ma quando lo fa butta giù un palazzo”. E ci pare che calzi a pennello per descrivere mister Gaetano Auteri, il quale incalzato dalle domande dei giornalisti sulla non eccezionale presenza (eufemismo!) sotto il profilo numerico di spettatori allo stadio nel dopo Catanzaro – Sicula Leonzio ha sparato a palle incatenate: “Sono molto deluso dai tifosi che non fanno i tifosi. Gente che si sostituisce a ognuno dei protagonisti dell’ambiente e, invece di esprimere in modo sano la propria passione per la maglia, arreca danni all’ambiente”. Sul punto, però, ci sarebbe da scrivere un libro e non un ‘semplice’ articolo. Motivo per cui – dopo aver spiegato in un altro nostro pezzo in pubblicazione oggi, incentrato sulla fatidica domenica 16 maggio 1982, le ragioni dell’antico gemellaggio esistente fra i sostenitori della Fiorentina e delle Aquile – mettiamo in rilievo il supporto che gli Ultras ‘73 hanno ricevuto nella Curva Capraro dai ‘colleghi’ toscani, omaggiati dagli stessi Uc con uno striscione recante la scritta: “Catanzaro sarà sempre casa vostra. Bentornati… Unonoveduesei (nome dei supporter organizzati viola, abitualmente assiepati nella Fiesole del Franchi, ndr)”.