di Vincenzo Imperitura – Una pioggia di condanne: sono 140 gli anni di carcere complessivi che il tribunale di Locri ha emesso, in primo grado, nei confronti di 22 imputati finiti a processo in seguito all’operazione Typographic – Acero Bis che nel marzo del 2016 aveva colpito le famiglie di ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica, di Siderno e di Marina di Gioiosa e Grotteria. L’indagine, coordinata dalla distrettuale antimafia dello stretto, e portata avanti congiuntamente da carabinieri e guardia di finanza, aveva portato alla luce un grosso giro di usura ai danni di una cinquantina di piccoli imprenditori del comprensorio. Ed era stato proprio un imprenditore del settore tipografico, con le sue denunce, a mettere gli inquirenti sulla pista giusta. Pesanti le condanne disposte dal presidente Fulvio Accurso, la più pesante delle quali è stata inflitta a Giuseppe “u manigghjia” Jerinò, condannato a 25 anni di reclusione. Mano pesante del giudice anche per Giuseppe Infusini (11 anni e 10 mesi), e per Rocco e Salvatore Rodinò, entrambi condannati a 13 anni di carcere. L’operazione congiunta di carabinieri e finanza era riuscita a fare luce sulla “Locale” di Gioiosa Jonica che fa capo alle famiglie Ursino-Macrì e Jerinò e sulle cosche di Siderno (Rumbo-Galea-Figliomeni) e Grotteria (Bruzzese) a loro affiliate. Un’indagine lunga e complessa che aveva scoperchiato il salto nel buio del prestito a strozzo a cui tanti piccoli imprenditori erano ricorsi, finendo in pochi tempo per essere stritolati da tassi usurai che potevano variare dal 50 al 500% annuo. E se il copione per gli imprenditori si ripropone, tristemente, sempre allo stesso modo, il gruppo condannato ieri era riuscito a trovare una serie di escamotage finanziari per occultare i grossi guadagni del giro di usura, dal sapore davvero sfacciato. Le indagini dei finanzieri di Locri sono infatti riuscite a ricostruire come gli uomini del clan costringessero le loro vittime all’acquisto e al pagamento delle rate per auto che passavano immediatamente di mano a prezzi irrisori e poi venivano a loro volta rivendute. O di come, stretti dalla mancanza di liquidità per fare fronte agli interessi pretesi dalle cosche, gli usurati fossero costretti ad un giro di fatture per operazioni inesistenti a favore delle ditte indicate dai clan stessi. Quello dell’usura è uno dei canali che le cosche del crimine organizzato della Locride utilizzano per “lavare”, almeno in parte, il fiume di denaro garantito dalle montagne di cocaina importate ogni anno in Europa, Stati Uniti e Australia. Il Giudice oltre alle molte condanne, ha poi disposto la confisca di numerosi fabbricati nel comune di Gioiosa Jonica oltre che di rapporti finanziari e società.