Secondo Guido Castelli Gattinara, pediatra e infettivologo del Bambino Gesù di Roma, “ci sono ancora troppe remore sulla vaccinazione di ragazzi e bambini contro il Covid”. In Danimarca la pensano diversamente: dal primo luglio hanno fermato le prime dosi agli under 18 e, dal primo settembre, non somministreranno più nemmeno le seconde. Moratoria totale. Chi ha ragione? A esaminare le ultime osservazioni scientifiche, si direbbe che gli scandinavi non siano poi così squinternati. Partiamo dalla ricerca pubblicata l’8 agosto da The Lancet infectious diseases. Si tratta di uno studio condotto in Brasile e in Scozia, su un’amplissima coorte di adolescenti tra i 12 e i 17 anni: parliamo di oltre 600.000 test su circa 3 milioni e mezzo di individui. Gli esiti non sono esaltanti. Dopo 27 giorni dal secondo shot, la protezione dalla malattia sintomatica offerta dal vaccino Pfizer comincia a calare in maniera drastica.
Protezione solo per 27 giorni
Protezione solo per 27 giorni
E la discesa è sensibilmente più repentina nello scenario Omicron rispetto a quello Delta, peraltro con significative differenze tra i giovani carioca e gli highlanders. In particolare, il picco di efficacia viene raggiunto tra 14 e 27 giorni dalla seconda puntura, con un 64,7% di salvaguardia garantita contro il Covid sintomatico in Brasile e un 82,6% in Scozia (le cifre si attestavano rispettivamente, sull’80,7% in Brasile e sul 92,8% in Scozia, nel periodo in cui predominava il ceppo indiano). Tuttavia, dopo soltanto un mese, lo scudo del medicinale a Rna messaggero inizia tragicamente a sbriciolarsi. E 98 giorni dopo l’inoculazione, in presenza della variante Omicron, la percentuale di copertura scende al 50,6% in Scozia e, addirittura, a un miserrimo 5,9% in Brasile. La foglia di fico per giustificare il ricorso alla siringa è sempre la solita: la difesa dalle conseguenze gravi del Sars-Cov-2 permane per oltre tre mesi.
Rischio ricovero e morte per infezione da Covid nei minori
Sì, va bene, ma tra i minorenni, quanto è concreto il rischio di finire in ospedale o, peggio, di morire di Covid? Inoltre, se l’infezione, nella stragrande maggioranza dei casi, è blanda e non preoccupante, si può affermare lo stesso degli effetti collaterali dei vaccini? Qualche perplessità affiora, nel leggere un’altra recentissima indagine, i cui risultati sono stati diffusi sul Web tre giorni fa e che è stata portata avanti in Thailandia. Vi avvisiamo: il paper, per adesso, è un preprint. Quindi, non è ancora stato sottoposto a una revisione paritaria in forma di “doppio cieco” (anonimi gli autori, anonimi i correttori). Se, però, esso venisse corroborato da contro lori indipendenti, sarebbe allarmante. La ricerca, infatti, ha scoperto che, su 301 ragazzi tra 13 e 18 anni, inoculati con la doppia dose del preparato di Pfizer, quasi il 30% ha patito effetti collaterali cardiaci. Il riferimento è a una vasta gamma di disturbi, la maggior parte dei quali definiti “moderati” dai responsabili del monitoraggio. Ma ciò non basta a cancellare qualunque dubbio sull’opportunità di continuare a vaccinare i nostri figli.
Problemi cardiaci
Innanzitutto, il 18% dei partecipanti, cioè 54 persone, ha presentato anomalie a livello dell’elettrocardiogramma, per lo più tachicardie o aritmie sinusali. Le prime identificano un aumento della frequenza cardiaca oltre i 100 battiti al minuto; le seconde, invece, un’anomalia nel ritmo del cuore. Il 7,64% degli individui seguiti ha mostrato battito accelerato, il 6,64% aveva il fiato corto, il 4,3% le palpitazioni, il 4,32% dolori al petto, il 3,99% la pressione alta. Tre pazienti hanno sofferto di minimi versamenti pericardici. Uno ha manifestato segni compatibili con una miopericardite subacuta. Tre soggetti cui sono state diagnosticate miocarditi e pericarditi hanno avuto bisogno di essere trattati con farmaci antinfiammatori non steroidei per due settimane. Sei dei ragazzini sono andati incontro a un prolasso valvolare mitralico, ossia un malfunzionamento della valvola che controlla il flusso sanguigno che, dall’atrio sinistro, passa al ventricolo. La ciliegina sulla torta? Un garzoncello con la miopericardite è stato ricoverato in terapia intensiva, con valori anormali negli enzimi cardiaci, nell’Ecg, nell’eco cardiografia e nella risonanza magnetica al cuore. Per fortuna, se l’è cavata con 15 giorni di ibuprofene. Come la mettiamo? Facciamo finta di niente? Ci dimentichiamo che, lo scorso inverno, in Italia, gli alunni sono stati obbligati addirittura al booster, dietro la minaccia della didattica a distanza? Vogliamo cambiare rotta? Ecco, rompere con la linea Speranza, per un governo di centrodestra, dovrà essere il primo punto all’ordine del giorno del primo cdm. Con quello che sta venendo fuori, i genitori non possono offrire il braccio dei loro ragazzi – è il caso di dirlo – a cuor leggero. (La Verità)