In aiuto e soccorso dei contagiati post vaccino arriva la circolare del ministero della Salute, a firma del direttore della Prevenzione Gianni Rezza, che fa chiarezza relativamente alla somministrazione anti-Covid in chi ha contratto un’infezione da Coronavirus successivamente alla prima dose di un siero come Pfizer, Moderna o AstraZeneca che ne prevede due per completare il ciclo.
Per chi ha contratto il Covid dopo la prima dose di vaccino, si può procedere comunque al richiamo, nel caso l’infezione sia sopraggiunta al massimo 14 giorni dopo l’inoculazione. In caso contrario, basta una dose sola, dal momento che la stessa infezione viene considerata “equivalente alla somministrazione della seconda dose”.
Per chi ha contratto il Covid dopo la prima dose di vaccino, si può procedere comunque al richiamo, nel caso l’infezione sia sopraggiunta al massimo 14 giorni dopo l’inoculazione. In caso contrario, basta una dose sola, dal momento che la stessa infezione viene considerata “equivalente alla somministrazione della seconda dose”.
“In caso di infezione da Covid confermata (definita dalla data del primo test molecolare positivo) entro il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose di vaccino è indicato il completamento della schedula vaccinale con una seconda dose da effettuare entro sei mesi (180 giorni) dalla documentata infezione (data del primo test molecolare positivo); trascorso questo arco di tempo, la schedula vaccinale potrà essere comunque completata, il prima possibile, con la sola seconda dose”.
Dopo due settimane
Se l’infezione è avvenuta dopo 14 giorni dalla prima dose, invece, “la schedula vaccinale è da intendersi completata in quanto l’infezione stessa è da considerarsi equivalente alla somministrazione della seconda dose. Resta inteso che l’eventuale somministrazione di una seconda dose non è comunque controindicata; ciò vale anche per i soggetti guariti, in precedenza non vaccinati, che hanno ricevuto una sola dose di vaccino dopo l’infezione da SARS-CoV-2”. Infine, il ministero ricorda che “l’esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è indicata ai fini del processo decisionale vaccinale”.