“O via va avanti o si torna indietro”. Vibo è a un bivio e il procuratore Camillo Falvo lo sottolinea a chiare lettere intervenendo al consiglio comunale aperto indetto dal sindaco Maria Limardo al Valentianum dopo il tentato omicidio avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 ottobre. “Se restiamo uniti e facciamo squadra questa battaglia la possiamo vincere. Io sono fiducioso. Dovete avere fiducia, denunciare, perché adesso c’è uno spartiacque: o si va avanti o si torna indietro. Questo è un momento particolare – ha dichiarato Falvo – ce l’aspettavamo dopo ‘l’ubriacatura di legalità’, perché Vibo non era abituata, venivamo da un trentennio di controllo delle organizzazioni criminali, ma dopo la fase di liberazione ci si aspettava che a distanza di un po’ di tempo, due-tre anni, chi faceva parte di quelle organizzazioni avrebbe cercato di riorganizzarsi”.
“Lo Stato mai così forte in tutta la Calabria”
“Lo Stato mai così forte in tutta la Calabria”
Per il procuratore Falvo la criminalità organizzata non si sconfigge con le operazioni. “Ne possiamo arrestare quanti ne volete, poi ce ne saranno il doppio disposti a prendere il loro posto”. Il magistrato si è detto tuttavia soddisfatto “della risposta che c’è stata, prima con la manifestazione organizzata da Libera e ora con questo Consiglio comunale aperto. Noi, un giorno, ce ne andremo da Vibo ma i cittadini resteranno, ed è la comunità che deve cogliere questa un’occasione straordinaria, in cui la presenza dello Stato non è mai stata così forte in tutta la Calabria”.
“Un rete sociale contro la violenza”
Il consiglio comunale aperto ha visto la partecipazione di numerosi amministratori locali, dei consiglieri regionali del Vibonese, delle associazioni, della Chiesa, dei dirigenti scolastici, dei vertici delle forze dell’ordine del territorio e della parlamentare Dalila Nesci. Nel suo discorso, il sindaco Maria Limardo ha evidenziato l’esigenza di costruire “una forte rete sociale che è veramente l’unico modo per arginare fenomeni di violenza. Ciascuno di noi sindaci deve lavorare nei propri territori per far aumentare nei giovani il livello di percezione di disvalore di alcune azioni compiute che devono essere condannate. Non è normale circolare la sera con una pistola in tasca. Gesti come questi sono il preludio ad azioni criminali e rappresentano l’homus della subcultura ’ndranghetistica”.