Villette abusive a Caminia, il Tar dà ragione al Comune di Stalettì

di Bruno Mirante – Villette abusive a Caminia, il Tar della Calabria ha respinto i ricorsi di due proprietari contro l’ordinanza di sgombero del comune di Stalettì. Mentre il 17 dicembre scorso un’operazione congiunta del Comando provinciale dei carabinieri di Catanzaro, della sezione di Polizia giudiziaria e della Capitaneria di Porto di Soverato, ha portato al sequestro preventivo finalizzato alla confisca nei confronti di 67 indagati proprietari di settantuno villette in località Panaja, prosegue la battaglia legale dei proprietari davanti ai giudici amministrativi contro le determinazioni del sindaco del comune del Catanzarese.

Nel mirino dei ricorrenti era finita, infatti, l’ordinanza di sgombero n. 68 del 23 aprile 2019, adottata dal Comune di Stalettì, con la quale- sulla base della nota della Guardia Costiera di Soverato, di accertamento dell’occupazione abusiva di suolo demaniale marittimo mediante il mantenimento di manufatti – sono stati ingiunti “di rilasciare l’appezzamento di terreno sito in località Panaja Caminia del Comune di Stalettì, a valle del tracciato ferroviario della linea Taranto-Reggio Calabria…”. L’ordinanza precisa altresì che “le opere risultano realizzate in assenza dei necessari titoli autorizzativi su area individuata secondo il P.R.G. vigente come Zona di riqualificazione del litorale; l’area interessata dai lavori risulta sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica nonché a vincolo idrogeologico. I ricorrenti, che hanno chiesto anche il risarcimento del danno, hanno rilevato che il Comune di Stalettì, fin dai primi anni ’60, ha adottato una serie di atti, con i quali ha invitato i cittadini ad occupare una porzione di fondo di proprietà comunale posta a valle della ferrovia, compresa tra linea ferrata e la spiaggia, provvedimenti idonei ad ingenerare nei destinatari il ragionevole e legittimo convincimento di poter costruire su tale area -oggetto poi di contestazione-, usufruendo altresì di tutti i servizi necessari -fognatura, idrico, raccolta rifiuti- appositamente implementati dal medesimo Ente nella descritta zona, dietro regolare pagamento allo stesso dei relativi oneri. Nel tempo, – rilevano i ricorrenti – sono anche insorti conflitti tra l’amministrazione statale e l’Ente territoriale circa la natura demaniale della predetta area, ciascuno asserendo la titolarità del diritto di proprietà esclusiva sulla stessa e nel 2016 il Comune di Stalettì, invitato dalla Regione Calabria a inviare i dati concernenti la ricognizione della fascia costiera, ha trasmesso la revisione organica delle zone demaniali marittime, “nelle quali non risulta inserita l’area oggetto dell’ordinanza di sgombero, con ciò confermando quanto da sempre sostenuto dallo stesso Ente, ossia che tale area non fa parte del demanio marittimo”.

Nel mirino dei ricorrenti era finita, infatti, l’ordinanza di sgombero n. 68 del 23 aprile 2019, adottata dal Comune di Stalettì, con la quale- sulla base della nota della Guardia Costiera di Soverato, di accertamento dell’occupazione abusiva di suolo demaniale marittimo mediante il mantenimento di manufatti – sono stati ingiunti “di rilasciare l’appezzamento di terreno sito in località Panaja Caminia del Comune di Stalettì, a valle del tracciato ferroviario della linea Taranto-Reggio Calabria…”. L’ordinanza precisa altresì che “le opere risultano realizzate in assenza dei necessari titoli autorizzativi su area individuata secondo il P.R.G. vigente come Zona di riqualificazione del litorale; l’area interessata dai lavori risulta sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica nonché a vincolo idrogeologico. I ricorrenti, che hanno chiesto anche il risarcimento del danno, hanno rilevato che il Comune di Stalettì, fin dai primi anni ’60, ha adottato una serie di atti, con i quali ha invitato i cittadini ad occupare una porzione di fondo di proprietà comunale posta a valle della ferrovia, compresa tra linea ferrata e la spiaggia, provvedimenti idonei ad ingenerare nei destinatari il ragionevole e legittimo convincimento di poter costruire su tale area -oggetto poi di contestazione-, usufruendo altresì di tutti i servizi necessari -fognatura, idrico, raccolta rifiuti- appositamente implementati dal medesimo Ente nella descritta zona, dietro regolare pagamento allo stesso dei relativi oneri. Nel tempo, – rilevano i ricorrenti – sono anche insorti conflitti tra l’amministrazione statale e l’Ente territoriale circa la natura demaniale della predetta area, ciascuno asserendo la titolarità del diritto di proprietà esclusiva sulla stessa e nel 2016 il Comune di Stalettì, invitato dalla Regione Calabria a inviare i dati concernenti la ricognizione della fascia costiera, ha trasmesso la revisione organica delle zone demaniali marittime, “nelle quali non risulta inserita l’area oggetto dell’ordinanza di sgombero, con ciò confermando quanto da sempre sostenuto dallo stesso Ente, ossia che tale area non fa parte del demanio marittimo”.

Analizzato quanto esposto dai ricorrenti i giudici del Tar rilevano: “perde rilevanza qualunque contestazione in ordine alla certezza della natura demaniale della proprietà e alle modalità con cui essa sia stata accertata, mentre assume portata decisiva la circostanza che, nel caso di specie, non vi è alcun dubbio sull’appartenenza pubblicistica dell’area. Il titolo, infatti, è conteso unicamente tra lo Stato e il Comune, mentre i privati non vi hanno mai acquisito diritti reali”. Ciò è evincibile – proseguono i giudici amministrativi – anche dalla circostanza che il Comune di Stalettì autorizzò l’occupazione del suolo in attesa di procedere a lottizzazione e a cessione a titolo oneroso ai privati, cessione che però non ha mai avuto luogo a causa delle dispute insorte con l’amministrazione statale. Il bando pubblico n. 4/1964 emanato dal Comune di Stalettì conteneva infatti l’invito a occupare, anche con costruzioni, l’area in oggetto in attesa di procedere alla lottizzazione e alla cessione a titolo oneroso dei suoli risultanti. “Si deve tuttavia escludere che tale invito costituisca un titolo edilizio. Innanzitutto, esso non è stato emesso ad personam, bensì rivolto genericamente alla collettività e senza alcuna indicazione delle caratteristiche delle eventuali costruzioni. Inoltre, è stato emesso prima ancora che i suoli venissero resi edificabili mediante lottizzazione, cui peraltro non si è mai pervenuti”. E ancora: “L’estrema evanescenza dell’invito e la sua anteriorità rispetto alla lottizzazione e alla cessione dei terreni ai privati impediscono di riconoscere al bando del 1964 natura di titolo edilizio -legittimo o illegittimo che sia- e portano, di conseguenza, a escludere che i privati potessero riporre su di esso alcun legittimo affidamento circa la regolarità delle edificazioni, e ciò a prescindere dell’eventuale ritardo con cui l’amministrazione abbia emanato il provvedimento avversato”.

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