di Sergio Pelaia – La consueta spola tra la Calabria e Roma è scandita in questi giorni da sedute della Commissione Lavoro alla Camera e da incontri del Pd a Catanzaro in vista delle Comunali. A Montecitorio Antonio Viscomi, parlamentare e ordinario di Diritto del Lavoro all’Università Magna Graecia, ha appena esaminato il decreto fiscale approvato in Senato con novità sostanziali sulla sanità calabrese ed è anche su questo, oltre che sull’attuale fase del Pd calabrese e sui primi passi della giunta Occhiuto, che abbiamo chiesto il suo parere.
La sanità resta la madre di tutte le criticità ma ora è tornata in mano a un politico. Le modifiche apportate in Senato al decreto Calabria la convincono?
La sanità resta la madre di tutte le criticità ma ora è tornata in mano a un politico. Le modifiche apportate in Senato al decreto Calabria la convincono?
“Alla fine le modifiche riguardano soprattutto il blocco delle procedure esecutive e l’incremento del personale a disposizione. Personalmente avrei disegnato in modo più attento il blocco per evitare di far confluire in un unico calderone debiti sanitari per forniture di beni e per servizi (ad alta intensità di lavoro), importi grandi e piccoli importi, avrei separato le procedure esecutive connesse a profili di responsabilità sanitaria dalle altre, insomma avrei considerato anche altri profili. Fra l’altro sul punto dice delle cose molto importanti la sentenza 236 della Corte Costituzionale pubblicata pochi giorni fa. Forse, avrei cercato anche di creare le condizioni utili per razionalizzare i centri di spesa nel settore sanitario al fine di assicurare economie di scala e un maggior controllo delle procedure. Negli anni passati, ad esempio, la centralizzazione di alcune gare nella stazione unica appaltante regionale, penso alla farmaceutica, aveva prodotto notevoli risparmi di spesa, grazie ad un buon lavoro certificato anche dalle ispezioni dell’Anac. Non dimentichiamoci che il miglior antidoto al malaffare è la luce del sole, cioè la trasparenza e la tracciabilità delle decisioni”.
Come valuta in generale il primo approccio di Occhiuto al governo della Regione?
“Sono i primi due mesi ed è ancora difficile giudicare l’azione amministrativa. Ancora siamo alle premesse. Tra qualche settimana sarà possibile iniziare a comparare le parole ai fatti”.
L’opposizione in consiglio regionale però sembra già divisa. Oltre all’alleanza con i 5stelle le sembra praticabile per il Pd il dialogo anche con l’area de Magistris?
“Per dialogare bisogna essere in due, altrimenti mi pare francamente impossibile. E il modo migliore per dialogare – se si vuole farlo – è farlo su fatti concreti, quelli che interessano ai cittadini, trovando risposte concrete e sostenibili a problemi reali e gravosi per la vita delle persone. Dialoga chi sente su di sé la responsabilità personale e politica che dire di no non basta”.
Saltiamo alle Comunali di Catanzaro. Anche nel capoluogo si seguirà la formula civica già vista alle Regionali per “allargare il campo” o si prediligerà un candidato di partito?
“Da tempo il coordinamento cittadino del Pd opera nella prospettiva della creazione di un campo il più largo possibile, in grado di interpretare i bisogni – emersi peraltro nelle più di duemila interviste svolte qualche mese fa – e trasformarli in politiche pubbliche, rispettando sempre i requisiti etici e politici già formalizzati in un documento sottoscritto da tutti i partecipanti al tavolo di ciò che i giornali hanno chiamato nuovo centrosinistra. Ne segue che il candidato sindaco dovrà esser in grado di incarnare i valori della comunità democratica e di accompagnare un necessario processo di ricomposizione sociale e di ripartenza economica della città”.
Con i congressi alle porte le correnti già affilano le armi, il Pd riuscirà davvero a trovare l’unità? Sono fresche le tensioni di Cosenza e poi ci sarà la partita delle candidature alle Politiche 2023…
“Unità non vuol dire unanimismo, vuol dire semmai riuscire a camminare insieme verso un obiettivo comune, la qual cosa è possibile solo se c’è un progetto politico in grado di valorizzare tutte le diverse sensibilità politiche, sempre presenti in un grande partito. Se invece del progetto politico c’è solo la corsa alla conquista delle posizioni di comando e l’annullamento dell’avversario interno allora parlare di unità è soltanto una mistificazione che fa allontanare le persone (soprattutto i più giovani) e fa perdere consensi. Non è un certo un segreto quanto spesso tessere e primarie non hanno avuto corrispondenza nei voti elettorali. Ora sono stati introdotti dei correttivi tecnici (il tesseramento on line) ma il problema è radicalmente culturale e riguarda il senso stesso dell’impegno politico. Se qualcuno pensa ancora di acquisire consenso promettendo incarichi, posti di lavoro, prebende varie, evidentemente non ha chiaro come sta cambiando il mondo”.