Provato il concorso esterno in associazione mafiosa dell’avvocato vibonese, ‘ambasciatore di pizzini per la ‘ndrangheta, verificata la sua possibilità di veicolare notizie riservate grazie al suo ruolo di legale. I giudici del Tribunale collegiale di Vibo spiegano le ragioni della condanna a 14 anni di Francesco Stilo, nell’ambito del processo Rinascita Scott, che si è svolto con rito ordinario.
L’imputato ha ricoperto un ruolo nevralgico nell’ambito della consorteria capeggiata da Peppone Accorinti e dalle prove raggiunte nel corso del dibattimento “non può che evidenziarsi come plurimi e variegati sono i contributi resi da Stilo a diversi componenti della ’ndrangheta e in special modo al boss della consorteria, Giuseppe Antonio Accorinti”. Condotte che travalicano il mandato difensivo, proprio perché svolte in assenza di mandato o superando i limiti dell’incarico ricevuto e riguardano l’agevolazione o l’esecuzione di atti o operazioni illecite riferibili a mafiosi.
L’imputato ha ricoperto un ruolo nevralgico nell’ambito della consorteria capeggiata da Peppone Accorinti e dalle prove raggiunte nel corso del dibattimento “non può che evidenziarsi come plurimi e variegati sono i contributi resi da Stilo a diversi componenti della ’ndrangheta e in special modo al boss della consorteria, Giuseppe Antonio Accorinti”. Condotte che travalicano il mandato difensivo, proprio perché svolte in assenza di mandato o superando i limiti dell’incarico ricevuto e riguardano l’agevolazione o l’esecuzione di atti o operazioni illecite riferibili a mafiosi.
L’ escamotage per scarcerare i detenuti
E’ lo stesso Accorinti, inconsapevole di essere intercettato durante la sua detenzione, a offrire i primi elementi del grado di coinvolgimento e di compromissione del professionista, che si vanta di essere riuscito a farlo entrare nel giro che conta dei penalisti e di avergli fatto ottenere importanti risultati. Il collegio rammenta che sono diverse le captazioni da cui traspare la grande stima di Accorinti nei confronti dell’avvocato Stilo, a cui riconosce il merito di riuscire bene nel proprio mestiere quando si vuole impegnare nella difesa e di aver scarcerato tantissimi detenuti a seguito del provvedimento di indulto, grazie ad un “escamotage ” scoperto proprio da lui ed in seguito utilizzato dagli altri difensori. Accorinti attribuisce a sé stesso il merito dell’ascesa professionale di Stilo, consapevole della spregiudicatezza del legale, apprezzata dal boss.
La stima del boss verso il legale imbroglione
Accorinti, infatti, riferisce che anche se “truffaldino” e “imbroglione” la stima verso il professionista è rimasta intatta pure nel periodo in cui litigavano. Per i giudici di primo grado che hanno vagliato personalmente alcune intercettazioni apparentemente distoniche, tra il detenuto Accorinti e Stilo vi era l’uso della trasmissione di fogli manoscritti, una peculiarità del gruppo criminale quella di veicolare messaggi all’esterno tramite l’avvocato, che è emerso anche con riferimento al condizionamento e all’intimidazione di due coniugi, minacciati e che poi verranno spinti, ad alleggerire la posizione processuale di Giuseppe Antonio Accorinti, che caldeggia la nomina di Stilo con altri detenuti. Così come dimostrata da una serie di intercettazioni la possibilità del penalista di venire a conoscenza, anche grazie alla sua professione e ai suoi contatti, di notizie riservate che in vario modo mette a disposizione dei vari esponenti delle consorterie. “Si presta in più di un’occasione a tenere condotte illecite volte a favorire, orientare o comunque condizionare l’esito di procedimenti che vedono coinvolti i suoi assistiti e non solo. A tale conclusione si giunge, ancora una volta, in forza dell’imponente materiale intercettivo in atti ed anche grazie al propalato di più di un collaboratore di giustizia che, sebbene non appartenenti alla stessa consorteria, hanno da più fronti confermato questo dato”.
L’attendibilità dei collaboratori di giustizia
Per quanto concerne il capo di accusa relativo all’intimidazione di testimoni e denuncianti, il collegio ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela. “Ciò non toglie, tuttavia, che non si debba tenere conto che Stilo quale concorrente esterno sia stato disposto a fare ricorso a condotte illecite nei confronti di testimoni e denunciati”. Per i giudici di prime cure i collaboratori di giustizia, da Andrea Mantella a Bartolomeo Arena, hanno sostanzialmente offerto versioni del tutto convergenti sulla figura del penalista e sulla sponda illecita, da questi, di volta in volta offerta ai propri assistiti mafiosi o ai sodali: chi riferendo del suo ruolo di messaggero, chi di quello di estorsore, chi di soggetto pronto a mettere a disposizione come base logistica o comunicativa il proprio studio. Tutti, insomma, finiscono per indicare l’imputato come un avvocato a disposizione degli associati allorquando questi vengano a trovarsi in un momento di difficoltà, “per uscire dal quale strumentalizzare, in maniera illecita, le prerogative riservate dall’ordinamento alla difesa, non ultime, quelle che gli consentivano legittimo e sistematico accesso in strutture penitenziarie”.