Cade al vaglio del Tribunale del Riesame di Catanzaro l’accusa di estorsione contestata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro a Luciano Babbino, 45 anni, arrestato nell’ambito dell’inchiesta condotta sul campo dai carabinieri del Nucleo investigativo e denominata in codice “Scolacium”. Accolto il ricorso presentato dagli avvocati Paola Stilo e Vincenzo Visciglia contro l’ordinanza emessa dal gip del Tribunale distrettuale di Catanzaro lo scorso 19 febbraio che aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’indagato.
“Fornitura di cemento da 250mila euro per la casa della moglie”
“Fornitura di cemento da 250mila euro per la casa della moglie”
A Luciano Babbino la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contesta un’estorsione, in concorso con Francesco Bruno e Gennaro Felicetta, nei confronti di un imprenditore (non identificato) impegnato nei lavori di costruzione del parco eolico nei comuni di Vallefiorita e Palermiti. Secondo l’accusa con violenza e minacce avrebbe ottenuto la fornitura di cemento per 250mila euro per la realizzazione della casa della moglie a Vallefiorita. Contestata anche l’aggravante del metodo mafioso perché così agendo gli indagati avrebbero agevolato il sodalizio mafioso dei Bruno di Vallefiorita.
Il verdetto del Tribunale del Riesame
Babbino lo scorso 27 febbraio aveva risposto a tutte le domande poste dal gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia e la difesa aveva esibito una perizia giurata sui costi, le fatture e le matrici di assegni bancari relativi alla realizzazione di un fabbricato della moglie nel Comune di Vallefiorita, respingendo energicamente ogni accusa contenuta nei capi di imputazione, dichiarandosi totalmente estraneo ai fatti contestati. Dinnanzi al Tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Mariarosaria Migliarino, gli avvocati difensori di Luciano Babbino sono riusciti a far valere le proprie ragioni dimostrando la totale estraneità del loro assistito ai fatti contestati. I giudici hanno quindi annullato l’ordinanza limitatamente all’estorsione aggravata mantenendo però la misura cautelare in atto, ovvero gli arresti domiciliari.