di Gabriella Passariello
Nove imputati hanno optato per il giudizio abbreviato
Nove imputati hanno optato per il giudizio abbreviato
Nove all’abbreviato e tre rinvii a giudizio per i dodici imputati accusati di aver preso d’assalto il 4 dicembre 2016 il caveau dell’istituto di vigilanza Sicurtransport, riuscendo a portare 8 milioni e mezzo dalla sede della società. Il gup del Tribunale di Catanzaro Claudio Paris ha ammesso al rito abbreviato Annamaria Cerminara (collaboratrice di giustizia), 41 anni, di Catanzaro; Carmine Fratepietro, 40 anni, Andria; Matteo Ladogana, 46 anni, di Cerignola; Mario Mancino, 42 anni, di Cerignola; Dante Mannolo, 39 anni, di Cutro; Alessandro Morra, 37 anni, di Cerignola; Giovanni Passalacqua, 53 anni di Catanzaro; Leonardo Passalacqua, 45 anni, di Catanzaro e Pasquale Pazienza, 49 anni, di Botonto. Il processo nei loro confronti proseguirà il prossimo 29 aprile, mentre ha rinviato a giudizio Cesare Ammirato, 70 anni di Catanzaro; Massimiliano Tassone 50 anni di Catanzaro e Nilo D’Urso 42 anni di Rossano, che compariranno di fronte al Tribunale collegiale di Catanzaro il 7 marzo.
Le accuse per gli imputati vanno a vario titolo dal concorso in rapina aggravata, detenzione, porto illegale di armi anche da guerra, alla ricettazione, con l’aggravante della mafiosità per aver agevolato la ‘ndrangheta.
L’inchiesta. Le indagini che hanno portato all’operazione denominata “Keleos”, sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dalle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia. Gli investigatori hanno accertato l’esistenza di uno stretto collegamento tra pugliesi della zona di Cerignola (Foggia), “specializzati” nel settore e basisti calabresi. Questi ultimi, secondo le ipotesi di accusa, si sarebbero occupati di reperire le informazioni dal basista e di procurare le auto ed il mezzo cingolato, oltre che della logistica della permanenza clandestina a Catanzaro del commando composto dai malviventi pugliesi. La rapina era stata pianificata da molto tempo e la banda armata entrata in azione ha sfondato la parete di recinzione e il muro blindato del caveau grazie ad una grossa macchina cingolata dotata di martello pneumatico. I rapinatori, imbracciando fucili, hanno anche utilizzato strumenti per schermare i luoghi dalle onde radio facendo irruzione nel deposito tanto da costringere il personale di turno a rifugiarsi in una stanza appartata dell’edificio.
Il collegio difensivo. Nel processo sono impegnati, tra gli altri, gli avvocati Giovanni Merante, Gregorio Viscomi, Giuseppe Fonte, Nicola Carratelli, Aldo Casalinuovo ed Enzo De Caro