“Bianco sporco”, la truffa del risparmio energetico coinvolge anche la Calabria: 22 arresti

Le società presentavano documentazione comprovante la realizzazione di progetti relativi a lavori di efficientamento energetico rivelatisi fittizi
operazione Bianco sporco

La Guardia di finanza di Torino sta eseguendo 22 misure cautelari in tutta Italia nell’ambito di un’indagine per truffe per ottenere indebitamente erogazioni pubbliche nel settore dell’efficientamento energetico. Agli indagati contestati i reati a vario titolo di associazione per  delinquere finalizzata alla truffa aggravata, riciclaggio, autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta.

Operazione Bianco Sporco

Operazione Bianco Sporco

L’operazione Bianco sporco ha portato all’emissione da parte del gip torinese di misure di custodia cautelare. Per 13 degli indagati è stato disposto il carcere, 3 sono destinatari del beneficio dei domiciliari e 6 hanno l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. L’inchiesta, avviata nel 2018, riguarda una esteso sistema di truffa che, nel periodo 2014-2021, una banda con base nella provincia di Torino, ha messo in piedi utilizzando i cosiddetti certificati bianchi (o Tee, Titoli di efficienza energetica), introdotti a partire dal 2005.

Le aziende distributrici di energia elettrica e gas con più di 50mila clienti finali hanno l’obbligo di conseguire annualmente determinati obiettivi di risparmio energetico, e possono assolvere al proprio obbligo realizzando progetti di efficienza energetica che diano diritto ai certificati bianchi, oppure acquistando i certificati da altri operatori del settore, le cosiddette Energy Service Company, società che scelgono volontariamente di realizzare progetti di riduzione dei consumi negli usi finali di energia. Il Gestore dei Servizi Energetici Spa, società a partecipazione pubblica, riconosce sia alle aziende distributrici, sia alle E.S.Co. un controvalore in certificati in misura corrispondente al risparmio di energia derivante dagli interventi realizzati.

Il meccanismo fraudolento

I certificati sono poi liberamente scambiabili sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica. Con la presentazione annuale dei certificati bianchi al Gse, le aziende distributrici dimostrano il raggiungimento degli obiettivi di risparmio prefissati e, contestualmente, maturano il diritto all’ottenimento di un contributo tariffario in denaro da parte della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (Csea) pari al valore di mercato dei certificati bianchi scambiati.

L’inchiesta, nata da segnalazioni di operazioni sospette, anche attraverso intercettazioni telefoniche e indagini finanziarie, ha messo in luce un meccanismo fraudolento per cui società italiane con qualifica di E.S.Co. presentavano al Gse documentazione comprovante la realizzazione di progetti relativi a lavori di efficientamento energetico rivelatisi fittizi (installazione caldaie, collettori o cappotti termici mai effettuati, dati identificativi dei soggetti destinatari dei lavori alterati/inesistenti ovvero dati catastali risultati fittizi o non riconducibili a soggetti beneficiari dei medesimi progetti). L’esame di oltre 1000 progetti ha mostrato che oltre la metà, ben 508, erano falsi. Ma, con quelli, le E.S.Co. ottenevano così l’indebita assegnazione di certificati bianchi, poi posti sul mercato gestito dal Gme e quindi monetizzati.

Le operazioni di compravendita

Le operazioni di compravendita analizzate hanno riguardato oltre 300mila Tee. I responsabili delle ES.C.o. trasferivano parte del denaro così ottenuto in Italia e all’estero (Lituania, Inghilterra, Romania e Bulgaria) su conti correnti intestati sia a società a loro riconducibili, sia a soggetti terzi, giustificando tali movimentazioni con fatturazioni per ipotetiche prestazioni di servizio e/o cessioni di beni. Una volta ricevuto sul proprio conto corrente le somme di denaro provenienti dalla truffa, venivano fatti prelievi sistematici, presso bancomat e sportelli bancari, e acquistato oro e oggetti preziosi. In tal modo sarebbero stati riciclati oltre 13 milioni di euro.

Il profitto della truffa, nella fase d’indagine attualmente in corso, è stato quantificato in circa 30 milioni di euro. Nelle odierne attività di esecuzione dei provvedimenti della Magistratura sono impegnati oltre 300 finanzieri operanti in Piemonte (province di Torino, Alessandria, Cuneo e Verbania), Lombardia (provincia di Milano), Liguria (provincia di Savona), Veneto (provincia di Vicenza), Emilia-Romagna (province di Bologna, Modena e Rimini), Calabria (provincia di Crotone) e Sicilia (provincia di Messina).

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