‘Ndrangheta, l’allarme del generale del Ros: “Finti pentiti per diffondere notizie false”

Lo ha detto il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei Carabinieri, nel corso di un master sull'intelligence all'università della Calabria

“Il risultato finale a cui tende il processo di intelligence nel contrasto alle mafie è quello di individuare i centri di gravità delle organizzazioni investigate ove orientare gli sforzi operativi. Concetto, questo del centro di gravità di derivazione militare, che, applicato all’ambito delle indagini, sta ad indicare gli elementi dai quali una organizzazione criminale trae la sua fonte di forza che le consente di portare a termine il proprio disegno criminoso al venir meno dei quali la struttura vede compromesse le proprie capacità di funzionamento”. Lo ha detto il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei Carabinieri, nel corso di una lezione dal titolo “L’analisi di intelligence per il contrasto alle mafie”, tenuta durante il Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Le mafie hanno esigenza di conoscere il nemico

Le mafie hanno esigenza di conoscere il nemico

“In tale contesto – ha precisato – va considerato che, al pari delle forze di polizia e della magistratura, le mafie evidenziano le stesse esigenze di conoscenza del “nemico” che si concretizzano in vere e proprie attività di informazione sulle attività giudiziarie in corso e di “difesa” rispetto alle indagini svolte dagli organi inquirenti. Al riguardo, rileva – ha affermato il generale – la “segretezza”, caratteristica che informa l’agire e le procedure degli apparati mafiosi e garantisce loro elevatissima impermeabilità. Se dovessimo comparare il grado di segretezza del sistema delle informazioni nell’ambito del contrasto alle mafie e quello delle mafie, potremmo notare – ha aggiunto – che il primo è meno intenso del secondo per via della necessaria pubblicità connaturale alle attività di organi inquirenti i quali, in determinati momenti del procedimento penale, dovranno dare corso ad atti partecipativi proprio verso i soggetti investigati”.

Esistono informatori “autorizzati” dai clan

C’e’ la diffusione di notizie propalate ad arte per depistare le indagini, da parte di finti pentiti o informatori “autorizzati” dai clan, fra le strategie delle mafie. Lo ha sottolineato il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei Carabinieri, partecipando al master in intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. ​ “Vanno considerate – ha detto il comandante del Ros – le attività di disinformazione, nelle quali vanno ricomprese le cosiddette “collaborazioni autorizzate” di pentiti e confidenti/informatori da parte dei sodalizi mafiosi, finalizzate alla diffusione di notizie infondate o alterate, distorte al fine di depistare le indagini od orientarle in un particolare senso, ma anche di notizie vere, e quindi riscontrabili, ma non più attuali, che hanno l’effetto di mantenere impegnati gli organi inquirenti su filoni di indagine improduttivi generando ritardi nelle manovre investigative, come l’indicazione di covi di latitanti da poco abbandonati, conflittualità esistita e poi risolta, ed altro. Attività queste – ha detto Angelosanto – spesso realizzate con il coinvolgimento, in alcuni casi inconsapevole, di esponenti del mondo delle professioni, di appartenenti alle forze di polizia o infiltrando gli ambiti massonici al fine di poter sfruttare le reti relazionali tipiche di tali contesti”.

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