Elezioni europee, un “apostrofo rosa” fra le Politiche e le Regionali

cittadella

di Danilo Colacino – Le elezioni europee, mai come stavolta, rappresentano un test per capire i futuri scenari al Governo e a cascata nelle realtà locali. Prime fra tutte le Regioni, naturalmente. Ecco allora che, per contare a Roma e quindi poi a casa propria, ci sono ad esempio forze come Catanzaro da Vivere, di cui abbiamo peraltro scritto ieri, che cercano un riconoscimento e soprattutto una casacca di una squadra impegnata nel ‘campionato nazionale’ per sedersi al tavolo delle trattative con un’autorevolezza (leggasi potere d’acquisto) diversa da quella di un movimento, pur ragguardevole, a carattere territoriale. Perché? Semplice: tutti pensano alle regionali, salvo dopo la tornata del 26 maggio non cada l’Esecutivo gialloverde (scenario possibile, ma affatto certo).

Se non si tornerà a votare anticipatamente per il Parlamento nazionale, soprattutto in ‘Calabria Centro’ sarà una tonnara. Il ragionamento politico a tenere banco è tutto proiettato, e calibrato, sulle ormai imminenti regionali (fra sei o nove mesi circa che si voti) con calcoli e strategie continui. In particolare nel collegio unico di Catanzaro (comprendente Lamezia e Soverato), Crotone e Vibo. Un’area di riferimento in cui la volta scorsa (nel 2014), malgrado la schiacciante vittoria oliveriana, finì 6 a 4 (con 10 eletti in totale, dunque) in favore del centrosinistra sul doppio avversario di centrodestra (il tradizionale, pro Wanda Ferro, e l’alfaniano a sostegno invece di Nico D’Ascola). Dati che hanno testimoniato la sostanziale tenuta di partiti – storicamente ben radicati nella fascia centrale calabrese – identificabili nel panorama attuale in Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Udc et similia. Ma anche emblema dell’estrema competizione che con un centrodestra diviso (nel frattempo comunque irrobustito dai nuovi acquisti Vincenzo Ciconte e Antonio Scalzo, uscenti da Palazzo Campanella reduci da un successo fatto di ben oltre 12mila preferenze a testa ottenute) si scatenerà per il ritorno dei big nell’assise dell’Astronave di via Cardinale Portanova.

Se non si tornerà a votare anticipatamente per il Parlamento nazionale, soprattutto in ‘Calabria Centro’ sarà una tonnara. Il ragionamento politico a tenere banco è tutto proiettato, e calibrato, sulle ormai imminenti regionali (fra sei o nove mesi circa che si voti) con calcoli e strategie continui. In particolare nel collegio unico di Catanzaro (comprendente Lamezia e Soverato), Crotone e Vibo. Un’area di riferimento in cui la volta scorsa (nel 2014), malgrado la schiacciante vittoria oliveriana, finì 6 a 4 (con 10 eletti in totale, dunque) in favore del centrosinistra sul doppio avversario di centrodestra (il tradizionale, pro Wanda Ferro, e l’alfaniano a sostegno invece di Nico D’Ascola). Dati che hanno testimoniato la sostanziale tenuta di partiti – storicamente ben radicati nella fascia centrale calabrese – identificabili nel panorama attuale in Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Udc et similia. Ma anche emblema dell’estrema competizione che con un centrodestra diviso (nel frattempo comunque irrobustito dai nuovi acquisti Vincenzo Ciconte e Antonio Scalzo, uscenti da Palazzo Campanella reduci da un successo fatto di ben oltre 12mila preferenze a testa ottenute) si scatenerà per il ritorno dei big nell’assise dell’Astronave di via Cardinale Portanova.

I numeri del passato che fanno paura a parecchie ‘teste coronate’, pronte a riproporsi ancora una volta, a caccia di riempilista di peso per non avere brutte sorprese. In rigido ordine alfabetico, gli eletti di cinque anni fa furono Arturo Bova (2.924 voti, Democratici e Progressisti); Enzo Ciconte (12.133, Pd); Baldo Esposito (6.401; Ncd); Giuseppe Mangialavori (7.199, Cdl, poi surrogato in seguito al ricorso vinto dalla candidata a governatore Wanda Ferro, inizialmente esclusa dall’assemblea in virtù di una controversa legge regionale, salvo poi la rinuncia da parte di entrambi per l’elezione in Senato e Camera e l’ingresso di Claudio Parente, 4.106, Cdl); Michele Mirabello (9.883, Pd); Vincenzo Pasqua (4.628, Oliverio Presidente); Nazzareno Salerno (8.991, Ncd, suo malgrado entrato, uscito, rientrato a causa di provvedimenti restrittivi della libertà personale emessi dall’autorità giudiziaria a suo carico); Antonio Scalzo (12.712, Pd); Flora Sculco (9.139, Pd); Domenico Tallini (9.939, Fi). Una ‘fotografia’ che in molti casi obbliga quanti di loro, soprattutto nel centrosinistra, vogliono mantenere il posto ad alzare di molto l’asticella in termine di consensi. Basti pensare ai vari Bova, Pasqua e persino Esposito, su tutti. Ma anche a quanti opteranno per Forza Italia se gli stessi Azzurri dovessero giocare la partita in antitesi a Lega e Fdi.

I nomi in campo per la presidenza potrebbero cambiare. La poltrona per tre – come ovvio allo stato intesa come candidatura al vertice della Cittadella, ambita da Mario Oliverio nella coalizione guidata dal Pd e contesa nello schieramento opposto dal suo omonimo Mario Occhiuto e da Ferro (sempreché non li si veda entrambi ai nastri di partenza) – potrebbe curiosamente sfuggire ai medesimi fin qui papabili aspiranti. Lo spera Sergio Abramo, ma non solo lui.

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