Granata: “Il caso Pittelli fa riflettere sulla giustizia”

vicenda Pittelli
“Il caso di Giancarlo Pittelli a tal punto pericoloso da non poter essere detenuto nemmeno agli arresti domiciliari, dopo otto mesi di carcere durissimo, mi sollecita a fare alcune considerazioni. Finora tutte le modifiche apportate alla procedura penale, nell’intento di assicurare all’imputato maggiori garanzie di una difesa meno simbolica e aleatoria, hanno conseguito il risultato certo per la generalità dei processi dell’ allungarne la durata e la macchinosità, che già erano inconcepibili”. È quanto dichiara in una nota l’avvocato Maximiliano Granata, presidente dell’associazione Legalità Democratica
“La punizione di qualsiasi delitto – afferma Granata – è divenuta così ancor più aleatoria e così lontana dalla commissione del fatto da perdere qualsiasi efficacia. Per colpire la criminalità, piuttosto che la esecuzione delle pene sempre tarda ed incerta, vengono invece usati strumenti concepiti per un fine ben diverso. Il mandato di cattura e la carcerazione preventiva, che dovrebbero servire a impedire che l’imputato se la batta, diventano il mezzo per anticipare la pena altrimenti troppo lenta a colpire il reato. Nelle carceri italiane i due terzi dei detenuti sono in attesa del giudizio. Si tratta di persone che la legge considera innocenti, finché non intervenga la loro condanna definitiva, che spesso per altro non interviene mai, perché sono innocenti e tali vengono alla fine riconosciuti, o perché, magari, interviene una amnistia. La punizione dei reati è dunque affidata, anziché alla certezza della colpevolezza stabilita con una sentenza, alla probabilità della colpevolezza, valutata discrezionalmente da che emette un mandato di cattura preventiva. O, addirittura, in caso di mandato di cattura obbligatorio, la pena preventiva consegue automaticamente ad una qualsiasi accusa”.
“La punizione di qualsiasi delitto – afferma Granata – è divenuta così ancor più aleatoria e così lontana dalla commissione del fatto da perdere qualsiasi efficacia. Per colpire la criminalità, piuttosto che la esecuzione delle pene sempre tarda ed incerta, vengono invece usati strumenti concepiti per un fine ben diverso. Il mandato di cattura e la carcerazione preventiva, che dovrebbero servire a impedire che l’imputato se la batta, diventano il mezzo per anticipare la pena altrimenti troppo lenta a colpire il reato. Nelle carceri italiane i due terzi dei detenuti sono in attesa del giudizio. Si tratta di persone che la legge considera innocenti, finché non intervenga la loro condanna definitiva, che spesso per altro non interviene mai, perché sono innocenti e tali vengono alla fine riconosciuti, o perché, magari, interviene una amnistia. La punizione dei reati è dunque affidata, anziché alla certezza della colpevolezza stabilita con una sentenza, alla probabilità della colpevolezza, valutata discrezionalmente da che emette un mandato di cattura preventiva. O, addirittura, in caso di mandato di cattura obbligatorio, la pena preventiva consegue automaticamente ad una qualsiasi accusa”.
“E’ evidente, infatti, – dice ancora Granata” che in questa situazione la selezione dei processi, quelli da far andare in porto e quelli da lasciare impantanare, diventa il potere determinante nell’esercizio della giurisdizione penale. Ed è potere che spetta ai “capi” degli uffici, ai procuratori della repubblica, che, ovviamente, trovano il modo di rendere sempre più incisiva questa loro funzione. E ovviamente, l’importanza sempre maggiore che assumono nell’esercizio effettivo della funzione punitiva, anziché in quella loro propria e legittima, provvedimenti discrezionali come quelli relativi alla detenzione preventiva dell’imputato, ingigantisce la preminenza del potere di certi magistrati di prima categoria rispetto a quello dei loro colleghi di seconda o di terza”.
“Per anni la battaglia – conclude – contro queste leggi e contro questo tipo di giustizia è stata condotta quasi esclusivamente nelle aule giudiziarie, portando alla Corte Costituzionale un certo numero di norme marcatamente fasciste. E alla Corte Costituzionale, anziché al Parlamento, va il merito di aver realizzato quel poco che è stato ottenuto per l’adeguamento della legislazione ordinaria ai principi della Costituzione. Conquiste certo importantissime che, oltre tutto, hanno costituito un punto di riferimento per quanti hanno voluto continuare a battersi su questo fronte; ma che tuttavia non hanno potuto intaccare seriamente gli strumenti di forza del regime, congegnati, appunto, per vanificare ogni garanzia legale del cittadino attraverso la vanificazione di ogni pratica possibilità di rendere giustizia. Non diciamo altro che: continueremo finché avremo fiato e forza per farlo”.

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