Il tabaccaio che non si piegò alla mafia, svolta su omicidio Ielo

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La Polizia di Stato di Reggio Calabria, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, ha eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip nei confronti di soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio, reati aggravati (ad eccezione del tentato omicidio) dal metodo mafioso e dall’avere agevolato la ‘ndrangheta, e in particolare la cosca Tegano, operante nel quartiere Archi di Reggio Calabria. Eseguite anche diverse perquisizioni domiciliari. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11.30 presso la Sala Convegni della Questura di Reggio Calabria alla presenza del procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri.

​“Giù la testa” è il nome dato all’operazione. L’indagine della Polizia di Stato ha consentito di individuare il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio di Bruno Ielo, il tabaccaio ucciso con un colpo di pistola alla testa esploso da un killer da distanza ravvicinata, la sera del 25 maggio 2017 mentre rientrava a casa con lo scooter sulla strada Nazionale per Catona. L’esercente reggino di 66 anni venne assassinato su mandato di un esponente della ‘ndrangheta reggina in modo plateale con una pistola abbandonata accanto al cadavere, perché non si era voluto piegare al diktat della cosca di chiudere la tabaccheria che da circa un anno aveva aperto a Gallico, facendo concorrenza a quella del mandante dell’omicidio, elemento di spicco della famiglia Tegano. Il delitto doveva riaffermare di fronte a tutta la comunità il potere della cosca, pronta a reprimere chiunque osasse metterne in discussione la sua potenza criminale e il dominio sul territorio.

​“Giù la testa” è il nome dato all’operazione. L’indagine della Polizia di Stato ha consentito di individuare il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio di Bruno Ielo, il tabaccaio ucciso con un colpo di pistola alla testa esploso da un killer da distanza ravvicinata, la sera del 25 maggio 2017 mentre rientrava a casa con lo scooter sulla strada Nazionale per Catona. L’esercente reggino di 66 anni venne assassinato su mandato di un esponente della ‘ndrangheta reggina in modo plateale con una pistola abbandonata accanto al cadavere, perché non si era voluto piegare al diktat della cosca di chiudere la tabaccheria che da circa un anno aveva aperto a Gallico, facendo concorrenza a quella del mandante dell’omicidio, elemento di spicco della famiglia Tegano. Il delitto doveva riaffermare di fronte a tutta la comunità il potere della cosca, pronta a reprimere chiunque osasse metterne in discussione la sua potenza criminale e il dominio sul territorio.

Gli investigatori della sezione Omicidi della questura di Reggio Calabria hanno acquisito le riprese di numerosi di impianti di videosorveglianza, per ricostruire la dinamica del delitto e individuare i componenti del commando. Ad agire furono Francesco Polimeni e Cosimo Caramozzino che seguivano la vittima con una Fiat Panda rossa, in stretto raccordo operativo con il killer Francesco Mario Dattilo, a bordo di uno scooter. Secondo la ricostruzione, la moto e la vettura si alternavano ripetutamente nel pedinamento lungo la strada che la vittima stava percorrendo per ritornare a casa al termine della giornata di lavoro. Poi l’agguato mortale.

La polizia ha ricostruito anche la rapina dell’8 novembre del 2016, nel corso della quale Bruno Ielo rimase gravemente ferito al volto da un colpo di pistola esploso da uno dei due malviventi che avevano fatto irruzione all’interno della sua tabaccheria di Gallico. La rapina, organizzata con finalità intimidatorie da  Francesco Polimeni, fu ‘appaltata’ a Francesco Mario Dattilo e Giuseppe Antonio Ciaramita, il quale aveva sparato in faccia alla vittima per avergli opposto resistenza. La rapina era finalizzata a costringere Ielo a chiudere l’attività commerciale per consentire a Polimeni, gestore di una vicina tabaccheria, di avere il monopolio nella zona. Gli investigatori hanno studiato le abitudini degli indagati, monitorato le loro condotte, analizzato le fattezze fisiche e il modus operandi particolarmente irruento e sono riusciti ad individuare elementi in comune alla rapina e all’omicidio. La Scientifica ha accertato che l’arma abbandonata da Dattilo dopo l’omicidio era dello stesso modello di quella impugnata sempre da lui durante la rapina dell’8 novembre 2016: una Beretta cal.7.65. Non è escluso che l’arma sia la stessa utilizzata in occasione
della rapina

Redazione Calabria 7

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