di Gabriella Passariello- Una presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa, utilizzando come “quartier generale” la Farmacia Leo, ubicata a Pontegrande di Catanzaro. Un sodalizio, che avrebbe rubato un centinaio di ricettari a svariati medici, redigendo oltre 2mila ricette false, utilizzando anche il nome di camici bianchi fantasma. Con le accuse a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni del servizio sanitario nazionale, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative, falsità materiale commessa dal privato, il gup del Tribunale di Catanzaro Antonella De Simone, accogliendo la richiesta formulata dal pm Francesco Bordonali, ha rinviato a giudizio 6 imputati, destinatari lo scorso mese di gennaio, di un decreto di sequestro preventivo di circa 82mila euro finalizzato alla confisca. Avrebbero recuperato, attraverso una serie di ricette, 5.121 farmaci da rivendere alla loro farmacia in alcuni casi senza fustella. Come? Attraverso false ricette mediche “rosse”, lucrando una somma complessiva di 81.835,91 euro, di cui 69.019.91 quale costo dei medicinali e 12.816 euro a titolo di importo di ticket regionali non versati.
I nomi dei rinviati a giudizio
I nomi dei rinviati a giudizio
Si tratta dei fratelli Carlo Leo e Raffaele Leo, di cui solo il primo, secondo le ipotesi accusatorie, è un farmacista regolarmente iscritto all’ordine dei medici e il secondo è considerato, dagli inquirenti, il cervello dell’organizzazione; i presunti partecipi con il compito di addetti alle vendite, Ilaria Leo, laureata in medicina ma non iscritta al relativo ordine professionale e Pasquale Gigliotti, dipendente della farmacia Leo; Giuseppe Rubino, cognato di Raffaele Leo ed ex dipendente di un’azienda della Grande distribuzione di Catanzaro e Antonio Mungo, guardiano all’Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, con il compito di procurare i farmaci da rivendere, recuperando i ricettari.
False ricette intestate a persone ignare, firmate da medici fantasma o inconsapevoli
Tutte le ricette sarebbero state intestate a persone ignare a cui sarebbero state attribuite le esenzioni dai ticket sia per i farmaci di fascia A, gratuiti per tutti, che di fascia C per cui ne è previsto il pagamento. Nelle ricette, in base all’esito delle indagini svolte, non vi è corrispondenza tra il medico a cui è assegnato il ricettario, il medico dove è in cura l’assistito e il firmatario, determinando così l’ipotetica riconducibilità di una singola ricetta a ben tre medici diversi, di cui alcuni inesistenti e altri invece che ne avrebbero disconosciuto la paternità. Nel caso di ricette firmate da medici ospedalieri, le stesse risulterebbero scritte a stampa e non a penna come di regola avviene e i dati dell’assistito indicati in modo incompleto. Ricette, recanti l’apparente sottoscrizione da parte di sanitari inconsapevoli di tutto, ed intestate a “invalidi di guerra” che, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avevano diritto di usufruire dell’esenzione totale dal pagamento del ticket regionale, ottenendo, attraverso l’uso dei ricettari sottratti e compilati abusivamente, la disponibilità di un quantitativo ingente di farmaci, allo scopo di commercializzarli nell’attività di uno degli imputati, titolare della farmacia, con il duplice danno, connesso al loro mancato pagamento e al mancato versamento di somme dovute per ticket regionali. Il processo nei loro confronti inizierà il prossimo 7 dicembre e spetterà agli avvocati difensori Vittorio Platì, Nicola Cantafora, Ermenegildo Massimo Scuteri, Marco Reina, Marco Celia e Arnaldo Celia smontare le ipotesi accusatorie nel corso del dibattimento.