di Danilo Colacino – “Ho detto sì, vengo dopo il Pd…”. Chissà se Mario Oliverio nelle scorse ore avrà intonato festante, storpiandolo come ovvio, uno dei più famosi e orecchiabili motivetti dell’istrionico Renzo Arbore, che in realtà veniva dopo il Tg, dopo aver assistito a quanto avvenuto ieri in casa Democrat. Una domenica in cui, seppur involontariamente come ovvio, è di sicuro stata data una grossa mano, almeno nel campo del Centrosinistra, allo stesso governatore uscente ripresentatosi ai nastri di partenza.
Ai limiti del farsesco è infatti sembrata la strategia scelta per tentare di ‘tenersi’ la Calabria da parte del segretario nazionale Nicola Zingaretti e soci, leggasi anche dirigenti calabresi del partito di Via del Nazareno, i quali hanno dapprima incassato il niet alla candidatura dell’editore Florindo Rubbettino, eliminato più dal fuoco amico che da titubanze sue, e poi in un battibaleno tirato fuori il coniglio dal cilindro vale a dire il sorprendente nome di Maurizio Talarico.
Ai limiti del farsesco è infatti sembrata la strategia scelta per tentare di ‘tenersi’ la Calabria da parte del segretario nazionale Nicola Zingaretti e soci, leggasi anche dirigenti calabresi del partito di Via del Nazareno, i quali hanno dapprima incassato il niet alla candidatura dell’editore Florindo Rubbettino, eliminato più dal fuoco amico che da titubanze sue, e poi in un battibaleno tirato fuori il coniglio dal cilindro vale a dire il sorprendente nome di Maurizio Talarico.
Persona degnissima, per carità, nella vita di tutti i giorni impegnata quale imprenditore nel settore della moda – capoazienda di origine catanzarese, ma romano d’adozione – tuttavia protagonista di un’operazione rivelatrice di due aspetti fondamentali. Il primo che l’ipotesi Rubbettino – per così definirla – era già ritenuta impraticabile o quantomeno debolissima e quindi del tutto residuale (considerato il Piano B scattato immediatamente) e il secondo inerente all’assoluta incapacità di reperire un candidato a presidente della Regione, realmente espressione del territorio da cui evidentemente il Pd è ormai lontano anni luce.
Una realtà, quella calabrese, che si dà già per persa e dunque affidata a un professionista, non certo un politico, su cui perfino noi addetti ai lavori ci siamo dovuti documentare a fondo tra lo stupore generale dell’inattesa investitura. Un dato molto significativo che la dice lunga sulla singolarità della decisione assunta dal vertice capitolino dei Dem.