di Mimmo Famularo – Stop alla confisca dei beni e nuovo giudizio in Corte d’Appello di Catanzaro che dovrà riunirsi in diversa composizione. Lo ha deciso la seconda sezione della Corte di Cassazione annullando con rinvio il decreto di confisca nei confronti di Domenico Origlia, 60 anni di Guardavalle, e dei suoi familiari coinvolti nella vicenda, Rocco Origlia ed Elisa Geracitano. Accolto il ricorso presentato dagli avvocati Vincenzo Cicino (per Origlia), Anna Marziano e Giuseppe Gervasi (per Geracitano). I beni a rischio confisca sono un immobile ubicato a Guardavalle intestato a Elisa Geracitano e un’Audi A4 intestata a Rocco Origlia ma per gli inquirenti riconducibili entrambi a Domenico Origlia. Quest’ultimo è rimasto coinvolto in diversi processi penali con l’accusa di far parte della famiglia di ‘ndrangheta dei Gallace-Novella operante nel territorio di Guardavalle con diramazioni nel Lazio e nel Nord Italia.
Il profilo di Domenico Origlia
Il profilo di Domenico Origlia
Condannato nel processo scaturito dall’operazione “Appia” a 10 anni di reclusione, ma prosciolto dall’accusa di associazione nei procedimenti scaturiti dalle inchieste Assi 1, Assi 2 e itaca, Origlia è ritenuto l’autista e la guardia del corpo dei boss Agazio Gallace prima e Vincenzo Gallace dopo. Entrambi sono considerati i principali esponenti della cosca di Guardavalle con ramificazioni significative su litorale laziale e, in particolare, ad Anzio e Nettuno. Per l’accusa, Origlia non avrebbe avuto nelle proprie disponibilità dal 1996 al 2015, unitamente ai propri familiari, i redditi sufficienti per acquistare l’immobile e l’auto posti sotto sequestro. Così è scattata la misura di prevenzione patrimoniale confermata anche in secondo grado nonostante il ricorso proposto dagli avvocati Cicino e Marziano che lamentavano, tra le altre cose, l’inammissibilità della misura patrimoniale, l’insussistenza della pericolosità sociale dello stesso Origlia, la mancanza dei presupposti legittimanti la confisca dei beni “sia per violazione del principio di ragionevolezza temporale” sia per errata determinazione del valore del capannone sequestrato”. La Corte d’Appello di Catanzaro, che aveva rigettato una prima istanza, si ritroverà adesso a riesaminare gli atti dell’intricata vicenda tenendo presente le osservazioni messe nero su bianco dai giudici della Cassazione nella sentenza che ha portato all’annullamento del decreto.