Per tentare di sfuggire al sequestro di beni, ma soprattutto per rimanere nelle condizioni di partecipare agli appalti pubblici, i Lobello avrebbero provato a costituire numerose società, intestate a prestanomi. D’altronde, già in passato il gruppo aveva subito alcune interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Catanzaro per le società Calbin S.r.l., Cantieri Edili Iniziativa 83 S.r.l. e Strade Sud S.r.l. L’operazione ha permesso di ricondurre alle “nuove” imprese con intestazioni fittizie collegate a Strade Sud S.r.l., Trivellazioni Speciali S.r.l., Consorzio Stabile Zeus, Consorzio Stabile Genesi, tutte attive nel comparto dell’edilizia pubblica e privata e aggiudicatarie di numerosi appalti pubblici, oltre alla società Marina Café S.r.l.s. che opera nel settore della ristorazione. Ad avvalorare le tesi investigative anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Santino Mirarchi, Gennaro Pulice, Dante Mannolo, figlio del boss Alfonso, e diverse intercettazioni che hanno evidenziato, oltre al legame mantenuto nel tempo dalla famiglia Lobello con il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina, anche il rapporto con il clan Arena di Isola Capo Rizzuto e altre cosche del Crotonese, tra cui quella riconducibile a Nicolino Grande Aracri.
“L’imprenditore protetto”
“L’imprenditore protetto”
Sarebbe stato Giuseppe Lobello, definito dai pentiti l’imprenditore protetto dalle cosche, in particolare, attraverso la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, ad avere svolto la funzione di collettore delle estorsioni imposte presso i cantieri edili del catanzarese. In questo modo, il gruppo Lobello, secondo le accuse, avrebbe conquistato una posizione dominante nell’esecuzione di lavori edili e forniture di calcestruzzo su Catanzaro e provincia, nonché la protezione da interferenze estorsive di altri gruppi criminali, quale imprenditore “intoccabile”. Per questo, a Giuseppe Lobello è stato anche contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Antonio e Daniele Lobello, padre e figlio, sono invece accusati del trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, e la stessa misura cautelare è stata disposta nei confronti di quattro soggetti, tra dipendenti del Gruppo Lobello e intestatari fittizi delle società. I collegamenti con le cosche della ‘ndrangheta avrebbero permesso ai Lobello di ottenere un clima a loro favorevole, con una capacità intimidatrice che sarebbe stata usata anche nei confronti dei dipendenti, come nel caso di un lavoratore dipendente costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società fittiziamente intestata a un nome, per incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello.
LEGGI ANCHE | ‘Ndrangheta e imprenditoria a Catanzaro, 10 misure cautelari
LEGGI ANCHE | ‘Ndrangheta e appalti a Catanzaro, 16 indagati (NOMI-VIDEO)
LEGGI ANCHE | ‘Ndrangheta e appalti a Catanzaro, ecco i nomi delle aziende sequestrate
LEGGI ANCHE | “Ndrangheta e appalti, Gratteri: “Le imprese mutano pelle per sfuggire alle indagini” (VIDEO)