‘Ndrangheta: frode in Emilia, sequestrati beni per 2,3 milioni

ndrangheta scommesse

Beni per 2 milioni 300 mila euro sono stati sequestrati dalla Dia di Bologna a diverse persone coinvolte in una frode con cui la ‘ndrangheta emiliana, in concorso con esponenti della cosca “Grande Aracri” di Cutro (Kr), ha realizzato un’ingente truffa ai danni del Ministero dell’Economia e Finanze ( “Affare Oppido”).

L’operazione è uno sviluppo investigativo dell’indagine Aemilia contro le diramazioni della mafia calabrese in Emilia. Nello specifico, sulla base di una sentenza falsificata, attestante un inesistente diritto risarcitorio, il ministero accreditò, nel mese di luglio del 2010, una somma di oltre due milioni di euro, ad una società riconducibile ad una famiglia di imprenditori edili calabresi, da anni trapiantati nella provincia di Reggio Emilia e contigui al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano. L’affare truffaldino, ideato da un faccendiere avvocato napoletano, era stato prospettato alla ‘ndrangheta emiliana che aveva individuato un’impresa con  caratteristiche strutturali idonee in funzione del notevole rimborso che sarebbe derivato dalla frode. L’operazione, ricostruita partendo dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia nel processo “Aemilia”, ha visto coinvolti diversi esponenti di vertice del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano e della cosca “Grande Aracri” di Cutro, con la complicità di professionisti. Le operazioni si sono svolte nella provincia di Reggio Emilia e nelle regioni Lombardia, Lazio, Campania e Calabria ed hanno visto impegnato il personale della Dia di Bologna, Firenze, Milano, Roma, Napoli e Catanzaro.

L’operazione è uno sviluppo investigativo dell’indagine Aemilia contro le diramazioni della mafia calabrese in Emilia. Nello specifico, sulla base di una sentenza falsificata, attestante un inesistente diritto risarcitorio, il ministero accreditò, nel mese di luglio del 2010, una somma di oltre due milioni di euro, ad una società riconducibile ad una famiglia di imprenditori edili calabresi, da anni trapiantati nella provincia di Reggio Emilia e contigui al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano. L’affare truffaldino, ideato da un faccendiere avvocato napoletano, era stato prospettato alla ‘ndrangheta emiliana che aveva individuato un’impresa con  caratteristiche strutturali idonee in funzione del notevole rimborso che sarebbe derivato dalla frode. L’operazione, ricostruita partendo dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia nel processo “Aemilia”, ha visto coinvolti diversi esponenti di vertice del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano e della cosca “Grande Aracri” di Cutro, con la complicità di professionisti. Le operazioni si sono svolte nella provincia di Reggio Emilia e nelle regioni Lombardia, Lazio, Campania e Calabria ed hanno visto impegnato il personale della Dia di Bologna, Firenze, Milano, Roma, Napoli e Catanzaro.

A conclusione delle attività, anche attraverso un’analisi di polizia giudiziaria volta a svelare l’esistenza di operazioni di occultamento di beni immobili e quote societarie (anche attraverso operazioni di “esterovestizione” in Costa d’Avorio e in Inghilterra), è stato sequestrato un patrimonio consistente in beni mobili ed immobili per un valore complessivo di 2 milioni e 300 mila euro, ricondotto ad alcuni degli indagati attraverso accertamenti patrimoniali svolti dalla Dia di Bologna.

Redazione Calabria 7

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